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Green pass e volontariato: un bel problema

L’introduzione dell’obbligo del “green-pass” per la partecipazione ad alcune attività solleva l’attenzione del mondo del “terzo settore” per comprendere se e come questa disposizione incida sulle organizzazioni non-profit. Cerchiamo di fare il punto, allo stato attuale delle conoscenze di una normativa che è in rapida evoluzione e che potrebbe essere –anche in modo significativo – modificata o integrata nei giorni a venire.
Il Decreto Legge 105 del 23 luglio scorso, come noto, prevede una serie di misure urgenti per “fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19 e per l’esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche“.
Fra queste ultime assume particolare importanza l’introduzione del l’obbligo di possesso del “green-pass” (o certificazione verde covid-19) oltre che in alcune particolari circostanze (accesso ad RSA, entrata ed uscita da territori in “zona rossa o zona arancione “, permanenza nelle sale d’attesa di strutture ospedaliere in qualità di accompagnatori etc.) anche – dal 6 agosto – per poter accedere ad alcuni servizi ed attività.
E, almeno al momento, non vi è alcuna forma di distinzione fra i soggetti che tali attività svolgono/organizzano.
Perciò (e, lo sottolineiamo ancora: allo stato attuale della normativa) non vengono distinte le attività messe in atto da Enti “non profit” da quelle svolte da altri Enti, ne consegue che questa attuale ”omologazione” genera, anche per gli Enti del Terzo settore, la necessità di comprendere se la loro (o una delle loro) attività è sottoposta all’ obbligo.
Cominciamo, allora, a conoscere quali sono le attività cui – dal 6 agosto – è esteso l’obbligo:
– servizi di ristorazione, svolti da qualsiasi esercizio, per il consumo ai tavoli, al chiuso;
– spettacoli aperti al pubblico, eventi e competizioni sportive;
– musei, altri istituti e luoghi della cultura e mostre;
– piscine, centri natatori, palestre e sport di squadra, centri benessere anche all’ interno di strutture ricettive, limitatamente alle attività al chiuso;
– sagre, fiere, convegni e congressi;
– centri termali, parchi tematici e di divertimento;
– centri culturali, centri sociali e ricreativi, limitatamente alle attività al chiuso e con esclusione dei centri educativi per l’infanzia, compresi i “centri estivi” e le relative attività di ristorazione;
– attività di sale giochi, sale scommesse, sale bingo e casinò;
– concorsi pubblici;
Con poche eccezioni (le ultime due , ad esempio ) sono tutte attività che – a vario titolo – sono talora anche svolte da Enti del Terzo Settore e poiché attualmente non vi sono specifiche indicazioni di esenzione, nonostante le richieste che sono state avanzate in tal senso da svariate organizzazioni, c’è da ritenere che anche questi Enti siano sottoposti all’obbligo introdotto.
Ma vediamo, allora, cos’è questo “green-pass” di cui stiamo trattando. Esso è un documento (cartaceo o informatizzato) che attesta:
– di essere stato sottoposto a vaccinazione anti-covid (in una o due dosi);
– di risultare negativo ad un tampone molecolare o rapido eseguito nelle 48 ore precedenti;
– di essere guarito dal Covid nei sei mesi precedenti,
Il periodo di validità del documento è collegato alle tre diverse circostanze attestate ( ad esempio, l’attestazione della negatività al tampone “vale” 48 ore dal prelievo ; l’avvenuta conclusone del ciclo vaccinale “vale” per 9 mesi etc.).
Da segnalare, poi, che il documento non è necessario per i bambini e per le persone che, sulla base di apposita certificazione medica, sono esentati dalla vaccinazione.
Un’ulteriore domanda, però, riguarda il “controllo” della “certificazione verde”. Oltre ai Pubblici Ufficiali, agli “stewward” (nelle competizioni sportive e negli eventi spettacolistici e fieristici), ai gestori delle strutture sanitarie e socio-sanitarie sono tenuti ad esercitare il controllo “il proprietario o il legittimo detentore di luoghi o locali presso cui si svolgono eventi ed attività per l’accesso ai quali sia prescritto il possesso della certificazione verde, nonché i loro delegati”. È quindi evidente che nel caso di evento / attività organizzata da un ETS (ad esempio l’attività di un centro sociale) sarà l’ETS stesso (Legale rappresentante e suoi delegati) ad avere la responsabilità del controllo, quando necessario
Resta da definire “come” può svolgersi tale controllo. Nel caso di certificazioni cartacee, ovviamente, il problema non si pone. Si complica un po’, invece il controllo delle certificazioni informatizzate. Il controllo, in questo caso, può avvalersi di un’apposita applicazione (“ verificaC19”) per la lettura dei QR-code e la valutazione della loro validità ( e veridicità ) . Un’applicazione gratuita che può essere liberamente scaricata (ed installata) proprio a questo scopo ed il cui funzionamento non richiede la connessione ad “internet” .
Superfluo ricordare, anche, che la “falsificazione” della certificazione è sanzionata penalmente dall’ art. 489 del Codice Penale – “uso di atto falso”).
Un ultimo problema che vogliamo qui esaminare (anche questo ancora privo di risposte univoche e sul quale si attende un pronunciamento ufficiale) è costituito dalla domanda “ma i volontari impegnati in attività per partecipare alle quali è richiesto il possesso del “green-pass” devono, a loro volta, avere tale certificazione?”. Ad oggi tale possesso non è richiesto per nessun lavoratore (e quindi nemmeno per i volontari) ad eccezione di alcune categorie specifiche per le quali l’obbligo verrà introdotto (pers. sanitario, pers. della scuola etc.). Tale argomento, tuttavia è fortemente dibattuto e si attendono precise indicazioni delle Autorità Centrali o Locali (cito, per conoscenza una delibera assunta pochi giorni fa dalla Provincia autonoma di Trento che, all’ 11 punto dell’ordinanza n° 80 del 1/8/21 sostiene che i lavoratori ed i volontari impegnati nelle attività per la partecipazione alle quali è richiesto il possesso del green pass “non sono tenuti ad avere essi stessi la certificazione” . Ma, come detto, si tratta di una disposizione locale che non autorizza affatto a ritenerla estendibile a tutto il territorio nazionale e sulla quale non mancano le perplessità.
Anche su questo argomento, come su tutta l’evoluzione normativa ed interpretativa che interessa le conseguenze dell’istituzione di questa certificazione sugli Enti del terzo settore Vi daremo conto, nei giorni a seguire.