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Eufemia e il progetto Upside Down: esplorazione e abbattimento delle barriere linguistiche e comunicative

Eufemia è un’Associazione di Promozione Sociale che opera da oltre un decennio per l’inclusione sociale, attraverso azioni di cittadinanza attiva all’insegna del dialogo interculturale. Con l’obiettivo di promuovere i temi della cittadinanza attiva, dell’educazione non formale e della mobilità giovanile internazionale, Eufemia coordina progetti locali ed internazionali per lo sviluppo di una comunità attenta alla sostenibilità ambientale e alimentare, ma è anche sempre più capace di utilizzare strumenti educativi innovativi, basati sul peer-to-peer e learning-by-doing. Forte, poi, di una consolidata esperienza maturata in ambito di programmi di scambio UE, l’associazione (per lo più composta da under 35) promuove anche il volontariato europeo come crescita personale e sociale, operando nelle scuole e con i giovani, sostenendo e diffondendo i valori della mobilità internazionale.

Eufemia è una delle città invisibili di Italo Calvino, la città degli scambi, e proprio uno scambio è stato uno degli ultimi progetti portati a conclusione dall’associazione. “Upside Down”, questo il nome dell’iniziativa, ha coinvolto dal 10 al 18 aprile un gruppo di 31 giovani tra i 18 e i 25 anni, provenienti da Italia, Spagna, Francia e Germania, per metà composto da non udenti. Il gruppo ha lavorato sul tema dell’esplorazione e dell’abbattimento delle barriere linguistiche e comunicative, con un focus specifico sulla sordità. Un progetto nato per offrire un esempio concreto di interazione tra persone, abilità e culture diverse affinché questa possa replicarsi in altri progetti di mobilità con alto livello di accessibilità, ma soprattutto in contesti sociali quotidiani.

Ilaria Mardocco, la coordinatrice del progetto, racconta così l’esperienza appena conclusa: “Upside Down è nato con l’obiettivo di ampliare il più possibile il concetto di inclusione sociale, e come del resto previsto dall’educazione non formale, pur sempre in un contesto protetto, ci si è voluti buttare per imparare direttamente con l’esperienza. In fondo, l’obiettivo ultimo del progetto è quello di allenare il più possibile lo sviluppo di una comprensione comune che sia capace di offrire alle persone non udenti anche l’opportunità di una comunicazione che sia priva di intermediazione. Che possa magari non essere costretta per esprimere se stessa ad appoggiarsi alla presenza di un interprete, pur sempre un filtro esterno”. 

Mardocco spiega poi come si è sviluppata l’attività: “Ogni gruppo composto per metà da persone non udenti e udenti aveva iniziato a lavorare da tempo nei rispettivi paesi per iniziare a definire una base comunicativa di partenza. Una volta arrivati a Torino tutti insieme abbiamo iniziato a esplorare il territorio cittadino, allenando una capacità comunicativa il più universale possibile. Sono state organizzate così delle attività al Parco Dora e in diversi musei della città dove c’è stata un’esperienza diretta su cosa sia e come si declini il concetto di accessibilità”. Dopo i giorni a Torino, ecco un vero e proprio ritiro a Claverie, in Val di Susa, sul versante italiano del colle del Monginevro, dove il gruppo (arrivato grazie a un mezzo messo a disposizione da Vol.To ETS) ha potuto lavorare immerso completamente nella natura; ancora Mardocco: “I giorni in montagna sono stati preziosi per poter continuare ad approfondire temi come la comunicazione, la comprensione e l’accessibilità, ma anche quello dell’intersezionalità, cioè come le diverse identità sociali di ogni individuo possano essere oggetto quotidianamente di discriminazioni. Discriminazioni molto più probabili in presenza ad esempio di disabilità. Sono stati tanti i laboratori creativi e artistici in cui sono stati coinvolti i giovani, tutti ovviamente pensati ad andare oltre l’aspetto verbale della comunicazione: si è lavorato molto sull’espressione del corpo e dell’immagine. C’è stata la possibilità anche di realizzare un particolare laboratorio di teatro delle ombre”. Il ritiro è stata senz’altro un’occasione immersiva che ha permesso al gruppo di confrontarsi con tanti aspetti anche della quotidianità, compreso quello del cibo: “I ragazzi – conclude Mardocco – hanno avuto l’opportunità di cucinare insieme tutti i giorni: è stata anche quella un’occasione per allenare la creatività, ma soprattutto la capacità di adeguamento in situazioni specifiche. Molto concrete. Non a caso uno dei temi affrontati negli ultimi giorni è stato poi come tradurre le tante attività e i tanti insegnamenti appresi in questi giorni nel quotidiano di ognuno perché ci sia sempre più inclusione”.