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Soci minorenni: si può? La possibilità di un minore di essere socio di una OdV (o APS)

Spesso viene richiesto al Centro Servizi per il Volontariato se un minorenne può associarsi a una Organizzazione di Volontariato (o Associazione di Promozione Sociale) e, in caso positivo, quali diritti e doveri abbia.

Proviamo a esaminare la questione partendo da un’affermazione incontrovertibile: nulla lo vieta espressamente, a meno che non esista una clausola statutaria specifica che escluda l’ammissione di soci minorenni (clausola, peraltro, perfettamente legittima, qualora fosse prevista).

Altra considerazione va fatta, invece, sul fatto che essendo l’associazione un “contratto” che, come tale, deve essere concluso soltanto da chi ha la “capacità di agire” (che si acquista con la maggiore età), parrebbe da ciò esclusa la possibilità che stiamo esaminando.

Ma numerose norme nazionali e internazionali (ad esempio la convenzione di New York sui diritti dei fanciulli) portano a ritenere che i minori possano compiere, comunque, i “piccoli atti della vita quotidiana” che non arrecano loro pregiudizio. L’art. 18 della Costituzione della Repubblica Italiana, nell’assicurare il diritto ad associarsi, non pone alcuna limitazione a tale diritto e, pertanto, si ritiene – da parte della grande maggioranza dei commentatori – che le organizzazioni di tipo associativo abbiano la facoltà di accogliere come soci anche i minori (pur senza averne il dovere, come detto).

Ci corre l’obbligo, però, di esprime alcuni consigli prudenziali qualora le associazioni optino per questa scelta: innanzitutto verificare, qualora questi soci abbiano anche funzioni operative (siano, cioè, volontari dell’Ente), che la copertura assicurativa si estenda anche a volontari minorenni; precauzionalmente (e in riferimento alla già citata “capacità di agire” limitata del minore), far sottoscrivere la domanda di adesione al genitore, così da armonizzare l’esercizio del diritto del minore con la legittima interferenza di chi esercita la patria potestà (con specifica funzione giuridica di vigilanza, educazione e protezione) .

Ben diversa considerazione va fatta, invece, per quanto riguarda l’esercizio dei diritti associativi da parte del minore. Abbiamo in ogni sede ripetuto il concetto che a tutti i soci va assicurata parità di diritti. Nel caso di cui ci occupiamo, però, occorre integrare tale concetto con la più volte richiamata limitata “capacità di agire” del minore-socio (soprattutto laddove potrebbe generarsi quel “pregiudizio a se stesso” che deve essere assolutamente escluso).

Se non vi sono dubbi sulla facoltà di intervenire in assemblea e sul diritto di voto (elettorato attivo) qualora quest’ ultimo non comporti rilevanti conseguenze sul piano giuridico o economico per il minore, molto più dubbio è il diritto all’elettorato passivo (ossia a essere votato a ricoprire cariche associative).

Questa situazione, infatti, comporterebbe il compimento di veri e propri atti giuridici di cui il minore stesso, a questo punto, avrebbe la responsabilità e questo fatto confligge con quella limitazione della “capacità di agire” di cui stiamo trattando, non potendoli riconoscere fra i “piccoli atti di vita quotidiana” che il minore è autorizzato a compiere.

A questo proposito segnaliamo alcune interpretazioni (sempre più diffuse) che sostengono che:

  • lo statuto può escludere l’esercizio di alcuni diritti sociali per i soci minorenni (prevedendo per questi uno “status” speciale);
  • è possibile prevedere l’espressione del voto (elettorato attivo) da parte del genitore, in quanto rappresentante legale, fino alla maggiore età del socio;
  • il genitore non può in nessun caso esercitare l’elettorato passivo (ovvero farsi eleggere in rappresentanza del figlio) essendo questo un diritto personalissimo del socio.