Skip to main content

Green-pass e volontariato: che fare?

L’obbligatorietà del green pass nei “luoghi di lavoro pubblici e privati”, anche per i volontari rimane uno dei temi più caldi del momento. Di sicuro, è importante che per la prima volta il Governo abbia inserito esplicitamente i volontari in un decreto sulla certificazione verde, ma sono ancora tanti i dubbi da risolvere ( ad esempio le modalità di verifica e le indicazioni sulla privacy).

Questo contributo, realizzato in collaborazione con l’avv. Davide Nizza (Studio Avvocato Nizza & Associati – Torino ) ha l’obiettivo di “fare il punto” sulla situazione, fornendo agli ETS indicazioni e suggerimenti utili per affrontare l’argomento.

Come noto, alcuni recenti provvedimenti del Governo hanno introdotto norme per l’impiego della “certificazione verde Covid-19” nell’ esercizio di attività sociali ed economiche.

Cominciamo con il richiamare tali provvedimenti:

> un primo decreto-legge (105/2021) introduce l’obbligo – a partire dal 6 agosto– del possesso della certificazione (nota come “green-pass”) per svolgere o accedere alle seguenti attività:

-ristorazione (svolta da qualsiasi esercizio) per consumo al tavolo, al chiuso
– spettacoli aperti al pubblico, eventi e competizioni sportive
– musei ed altri istituti e luoghi della cultura, mostre
– piscine, centri natatori, palestre, sport di squadra, centri benessere (anche all’ interno di strutture ricettive) limitatamente alle attività al chiuso
– sagre, fiere, convegni e congressi
– centri termali, parchi tematici e di divertimento
– centri culturali, centri sociali e ricreativi limitatamente alle attività al chiuso e con l’esclusione delle attività educative per l’infanzia, i centri estivi e le relative attività di ristorazione
– sale giochi, sale scommesse, sale bingo, casinò
– concorsi pubblici.

La disposizione, pertanto, prevedeva che gli utenti di queste attività fossero sottoposti all’ obbligo di “green-pass” mentre nulla veniva detto – se non in sede interpretativa- per gli operatori che tali attività svolgevano (molti avranno memoria, ad esempio, delle polemiche scaturite rispetto ad alcune possibili situazioni “paradossali” come quella dei clienti di un ristorante cui era richiesto il possesso del “green-pass” mentre i camerieri potevano esserne privi…)

> un secondo decreto (D.L. 111/2021)  convertito in legge il 23.9.2021 ha, poi, introdotto – a partire dal 1 settembre – ulteriori obblighi nell’ambito scolastico ed universitario, per l’uso di alcuni mezzi pubblici e per l’accesso alle RSA.

> e veniamo all’ ultimo e – per noi – più rilevante decreto. Se infatti nei decreti precedenti l’aspetto da verificare – per comprendere l’ applicabilità o meno alle “nostre” realtà-  era quello dell’ attività svolta nella circostanza (esempio : l’organizzazione di una mostra, l’attività in un centro culturale, un’attività di ristorazione al chiuso  etc. – cfr. il nostro precedente contributo “Green pass: un bel problema…!”) , nel D.L. 127/2021. Vengono introdotte – all’ art. 3 – norme per l’impiego della certificazione verde covid 19 nell’ambito lavorativo privato.  Ed a questo ambito viene riferita esplicitamente anche “l’attività di volontariato”.

Questo si legge nella norma pubblicata alcuni giorni or sono:

Art. 9-septies

  1. Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, (…), a  chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell’accesso ai  luoghi in  cui  la predetta  attività è svolta, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19 (…);
  2. La disposizione di cui al comma 1 si applica altresì a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria  attività lavorativa o di formazione o di volontariato nei luoghi  di  cui  al comma 1, anche sulla base di contratti esterni.

Dal 15 ottobre, perciò, chiunque (con poche e specifiche esenzioni) svolga un’attività lavorativa – o di volontariato– deve possedere il “green-pass”, indipendentemente da quale sia l’attività ed il luogo in cui essa si svolge. O, per dirla con altre parole, chiunque “faccia il volontario” (cioè svolga un’attività di volontariato) così come ogni altro lavoratore, deve possedere il “green-pass”. L’assistere un disabile, il servire in una mensa solidale, l’eseguire un trasporto, il fornire informazioni in uno sportello, l’accudire animali in un rifugio, l’intrattenere un gruppo di bambini o qualsiasi altra fra le mille possibili “attività di volontariato” implica perciò il possesso del “green-pass” da parte di colui che la mette in atto.

Alcuni esempi:

(*) l’oggettiva difficoltà a richiedere il possesso del “green-pass” ai frequentatori di mense “solidali” (prevalentemente senza fissa dimora, extracomunitari – spesso irregolari- emarginati) e la loro conseguente ipotetica esclusione da un servizio che tutela un’esigenza vitale è oggetto di dubbi interpretativi per cui sono stati richiesti ragguagli al Ministero.

In ultimo ricordiamo che il green pass permette anche di avere accesso alle sale d’attesa dei pronto soccorso e ai reparti ospedalieri per far visita ai familiari ricoverati.

Resta da esaminare, a questo punto, a chi spetti il “controllo”.

Se, nel caso di organizzazione di attività che presuppongono il possesso del “green-pass” da parte degli utenti, non vi è dubbio ad individuare nell’ organizzatore/titolare dell’attività il responsabile del controllo (in soldoni: l’associazione di volontariato che organizza una mostra è tenuta alla verifica del green-pass dei visitatori, ad esempio), lievemente più complessa è l’applicazione al mondo dei Volontari.

La norma fa esplicito riferimento al datore di lavoro come soggetto su cui incombe l’onere (“è tenuto”) di verificare il rispetto delle prescrizioni circa il possesso della certificazione verde. Cosi, nel caso in cui un ETS si avvalga dell’opera, oltre che dei volontari, anche di lavoratori dipendenti, non sarà certo disagevole individuare la figura (all’interno dell’ETS) su cui grava l’obbligo di controllo.

Laddove non vi siano dipendenti e, quindi, in assenza di un datore di lavoro propriamente detto, il concetto generale da rispettare è che, anche in questo caso, la responsabilità è di colui che “organizza” l’attività del volontario ( cioè l’associazione di appartenenza e, quindi, chi la rappresenta ) che deve perciò verificare ( a pena di sanzioni piuttosto rilevanti ) che i “suoi” volontari abbiano la prescritta certificazione verde mentre non è chiaro come si debbano comportare i volontari “sciolti” ( non- organizzati ) , la cui esistenza – peraltro- è ammessa, ad esempio, dall’ art 17 del Codice del Terzo Settore (comma3) .  Anche su quest’ultimo argomento si auspicano futuri chiarimenti ministeriali.

E concludiamo richiamando alcuni (noti) concetti che, comunque, può essere utile avere “sotto mano”:

cos’è il “green-pass”: è una certificazione in formato digitale e stampabile, emessa dalla piattaforma nazionale del Ministero della Salute, che contiene un QR Code per verificarne autenticità e validità. Essa attesta: l’avvenuta vaccinazione oppure l’esecuzione di un tampone nelle 48 ore precedenti (72 se tampone molecolare) oppure l’avvenuta guarigione dalla malattia

come si verifica l’esistenza e la veridicità del “green-pass”: di fronte al rischio di Green Pass fasulli (venduti anche sui canali social) Palazzo Chigi, dal suo account twitter rilancia l’applicazione creata ad hoc per verificare la certificazione del certificato. «Certificazione verde: come riconoscere facilmente quella autentica», è il tweet della Presidenza del Consiglio che, in una breve infografica, spiega come funzione l’applicazione. Si chiama «Verifica c19», opera attraverso la scansione del Qr Code del Green Pass, ed è gratuita.

green-pass e privacy: questa app non raccoglie nessun tipo di dato, per cui non sarà possibile ottenere automaticamente, ad esempio, un registro di chi entra in un determinato luogo.

dove non è necessario: se dal 6 agosto in molti posti viene richiesto il green pass, ci sono altrettante attività per cui non è necessario: si tratta soprattutto dei servizi essenziali come negozi, supermercati, farmacie e in generale negli esercizi commerciali non elencati nella lista. Si può continuare a svolgere sport individuale all’aperto. Al bar, se al chiuso, non occorre il green pass per il consumo al bancone. Anche chi è alloggiato in un hotel può accedere ai servizi di ristorazione offerti esclusivamente alla clientela, anche in caso di consumo al tavolo in un locale al chiuso, senza mostrare una certificazione verde. Però nel caso in cui i servizi di ristorazione siano aperti anche a clienti che non alloggiano nella struttura, l’accesso sarà riservato soltanto o a chi, cliente interno o esterno, è in possesso di una certificazione verde, in caso di consumo al tavolo al chiuso.

Per ogni ulteriore informazione, gli ETS possono rivolgersi ai servizi di consulenza ed informazione di “Vol.To” e consultare l’apposita sezione di FAQ del sito del Ministero della salute: https://www.dgc.gov.it/web/faq.html