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Erogazioni liberali (e altre forme sostegno economico per ETS )

Una fonte di risorse “classica” e spesso molto rilevante per gli enti del Terzo Settore, che viene illustrata ed esemplificata, con una particolare attenzione a “ciò che deve fare” sia chi dona che chi riceve.

Raccogliere contributi finanziari da parte di terzi  (sia in denaro che “in natura”) ha un’importanza strategica per molti Enti del Terzo Settore che – spesso – si affidano a questo strumento per reperire risorse indispensabili al proprio funzionamento ed al perseguimento delle finalità civiche e solidaristiche che li connotano.

Non a caso le attività di “fund-raising” sono quelle a cui molti ETS guardano con grande attenzione e di cui  è necessario, almeno per sommi capi, conoscere le potenzialità e le norme che le regolamentano.

Questo contributo nasce proprio con questa finalità : “orientare” gli ETS e fornire loro elementi di conoscenza sia sulle tipologie di apporti che possono ricevere che sulle procedure da adottare per una corretta gestione delle donazioni .

Leggi il documento

 

I modelli di rendicontazione

Per la prima volta, il Terzo settore italiano avrà un modello unificato di rendicontazione. Così come per le società “profit”, infatti, anche gli Enti del Terzo settore (ETS) avranno l’obbligo di redigere il proprio bilancio consuntivo utilizzando schemi uniformi a partire da quello relativo all’esercizio 2021.

Con il decreto ministeriale previsto dall’art. 13 del Codice del Terzo settore, emanato il5.3.2020 e pubblicato in GU il 18 aprile 2020 sono stati infatti pubblicati gli schemi contenenti i modelli di bilancio e rendicontazione da adottare. 

L’obiettivo del legislatore con questo ulteriore strumento messo in campo è quello di garantire una maggiore uniformità delle modalità di rendicontazione delle risorse economiche e finanziare che a vario titolo pervengono agli enti di terzo settore, sia per una comprensione più immediata ed oggettiva dei dati di bilancio, sia – in prospettiva – per una loro compiuta comparabilità nel tempo e nello spazio.

Tale decreto completa quindi il quadro della “strumentazione” a disposizione degli ETS, aggiungendosi alle già emanate linee guida sul bilancio sociale e alle linee guida sulla valutazione di impatto sociale.

Come  già detto, i modelli saranno obbligatori per rendicontare il bilancio del 2021 che – come noto – dovrà essere approvato da parte dell’assemblea degli ETS nella primavera del 2022 .

I moduli sono diversificati a seconda che l’ ETS ricada  in una o nell’altra delle situazioni previste dall’ art. 13 del CTS.  L’individuazione di tali categorie dipende dal volume complessivo dei ricavi complessivi conseguiti nell’anno precedente.

Gli Enti che abbiano avuto entrate superiori a 220.000 € dovranno redigere un bilancio d’esercizio simile a quello “civilistico” composto da: stato patrimoniale, rendiconto gestionale e relazione di missione ( utilizzando, perciò, i modelli “A” , “B” e “C”) .

Invece gli Enti le cui entrate non abbiano raggiunto tale valore “limite” potranno scegliere di redigere solamente un rendiconto per cassa , utilizzando il modello “D”


—> Alcune risposte alle domande più frequenti e comuni sui modelli di rendicontazione le puoi trovare già QUI.

 

> Ecco, di seguito, riportati i modelli A, B, C, D

MOD. A
STATO PATRIMONIALE
Lo stato patrimoniale deve essere redatto in conformità al seguente schema:
Qui una tabella riassuntiva realizzata da Cantiere terzo settore

MOD. B
RENDICONTO GESTIONALE
Il rendiconto gestionale deve essere redatto in conformità al seguente schema:
Parte di provvedimento in formato grafico

MOD. C
RELAZIONE DI MISSIONE
Qui una tabella riassuntiva realizzata da Cantiere terzo settore

MOD. D
RENDICONTO PER CASSA
Il rendiconto per cassa deve essere redatto in conformità al seguente schema:
Parte di provvedimento in formato grafic

 

Inoltre, in appendice al decreto e per facilitare la redazione degli schemi,è riportato anche un: GLOSSARIO SULLE POSTE DEL BILANCIO

Stato patrimoniale

Quote associative o apporti ancora dovuti – importi esigibili da parte dell’ente nei confronti di associati o fondatori a fronte di quote associative o apporti dei soci fondatori.

Avviamento – attitudine dell’azienda eventualmente acquisita dall’ente a produrre utili che derivino o da fattori specifici che, pur concorrendo positivamente alla produzione del reddito ed essendosi formati nel tempo in modo oneroso, non hanno un valore autonomo, ovvero da incrementi di valore che il complesso dei beni aziendali acquisisce rispetto alla somma dei valori dei singoli beni, in virtu’ dell’organizzazione delle risorse in un sistema efficiente.

Crediti – diritti ad esigere, ad una scadenza individuata o individuabile, ammontari fissi o determinabili di disponibilità liquide, o di beni/servizi aventi un valore equivalente, da clienti o da altri soggetti.

Crediti (immobilizzazioni finanziarie) – crediti derivanti dalle attività di finanziamento e similari, indipendentemente dalla durata degli stessi.

Crediti da 5 per mille – importo assegnato a seguito della pubblicazione dell’elenco finale dei beneficiari, delle preferenze espresse e del valore del contributo del 5 per mille assegnati secondo quanto riportato nel sito dell’Agenzia delle entrate.

Crediti (attivo circolante) – crediti derivanti dallo svolgimento dell’attività non finanziaria, indipendentemente dalla durata degli stessi.

Fondo di dotazione dell’ente – fondo di cui l’ente del Terzo settore può disporre al momento della sua costituzione.

Patrimonio vincolato – patrimonio derivante da riserve statutarie vincolate nonché da riserve vincolate per scelte operate dagli Organi istituzionali o da terzi donatori.

Patrimonio libero – patrimonio costituito dal risultato gestionale degli esercizi precedenti nonché da riserve libere di altro genere.

Avanzo/disavanzo d’esercizio – eccedenza dei proventi e ricavi rispetto agli oneri e costi dell’esercizio contabilizzati come tali secondo il principio della competenza economica.

Debiti – passività di natura determinata ed esistenza certa, che rappresentano obbligazioni a pagare ammontari fissi o determinabili di disponibilità liquide, o di beni/servizi aventi un valore equivalente, di solito ad una data stabilita. Tali obbligazioni sono nei confronti di finanziatori, fornitori e altri soggetti.

Debiti per erogazioni liberali condizionate – debiti contratti a fronte di erogazioni liberali che possono essere considerate come acquisite in via definitiva dall’ente al verificarsi di un predeterminato fatto o al soddisfacimento di una specifica situazione. Ai fini dell’iscrizione del debito nella voce in oggetto, occorre che al non verificarsi della suddetta condizione sia prevista la restituzione dell’attività donata.

Annotazione prevista dall’art. 13, comma 6 del decreto legislativo n. 117/2017 e successive modificazioni ed integrazioni. L’ente deve documentare il carattere secondario e strumentale delle attività di cui all’art. 6 del decreto legislativo n. 117/2017 e successive modificazioni ed integrazioni.

Rendiconto previsto dall’art. 48, comma 3 del decreto legislativo n. 117/2017 e successive modificazioni ed integrazioni. L’ente deve inserire un rendiconto specifico, dal quale devono risultare, anche a mezzo di una relazione illustrativa, in modo chiaro e trasparente, anche le entrate e le spese relative a ciascuna delle celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione effettuate occasionalmente di cui all’art. 79, comma 4, lettera a) del decreto legislativo n. 117/2017 e successive modificazioni ed integrazioni, ai sensi dell’art. 87, comma 6 dello stesso.

Altri debiti – debiti che non rientrano nelle precedenti voci. Accolgono anche i debiti verso volontari per rimborsi spese, verso dipendenti e collaboratori per prestazioni lavorative

Rendiconto gestionale

Costi e oneri/ricavi, rendite e proventi da attività di interesse generale – componenti negativi/positivi di reddito derivanti dallo svolgimento delle attività di interesse generale di cui all’art. 5 del decreto legislativo 2 agosto 2017, n. 117 e successive modificazioni ed integrazioni, indipendentemente dal fatto che queste siano state svolte con modalità non commerciali o commerciali.

Proventi da contratti con enti pubblici – proventi derivanti da accordi con enti di natura pubblica aventi carattere sinallagmatico, in cui sia previsto un corrispettivo a fronte di un servizio reso/di un bene fornito.

Contributi da enti pubblici – proventi derivanti da accordi, quali le convenzioni, non caratterizzate da un rapporto di sinallagmaticità.

Proventi del 5 per mille – proventi derivanti dall’assegnazione a seguito della pubblicazione dell’elenco finale dei beneficiari, delle preferenze espresse e del valore del contributo del 5 per mille secondo quanto riportato nel sito dell’Agenzia delle entrate.

Erogazioni liberali – atti che si contraddistinguono per la coesistenza di entrambi i seguenti presupposti: a) l’arricchimento del beneficiario con corrispondente riduzione di ricchezza da parte di chi compie l’atto; b) lo spirito di liberalità (inteso come atto di generosità effettuato in mancanza di qualunque forma di costrizione).

Erogazioni liberali vincolate – liberalità assoggettate, per volontà del donatore, di un terzo esterno o dell’Organo amministrativo dell’ente, ad una serie di restrizioni e/o di vincoli che ne delimitano l’utilizzo, in modo temporaneo o permanente.

Erogazioni liberali condizionate – liberalità aventi una condizione imposta dal donatore in cui è indicato un evento futuro e incerto la cui manifestazione conferisce al promittente il diritto di riprendere possesso delle risorse trasferite o lo libera dagli obblighi derivanti dalla promessa. Costi e oneri/ricavi, rendite e proventi da attività diverse – componenti negativi/positivi di reddito derivanti dallo svolgimento delle attività diverse di cui all’art. 6 del decreto legislativo 2 agosto 2017, n. 117 e successive modificazioni ed integrazioni, indipendentemente dal fatto che queste siano state svolte con modalità non commerciali o commerciali.

Costi e oneri/ricavi, rendite e proventi da attività di raccolta fondi – componenti negativi/positivi di reddito derivanti dallo svolgimento delle attività di raccolta fondi occasionali e non occasionali di cui all’art. 7 del decreto legislativo 2 agosto 2017, n. 117 e successive modificazioni ed integrazioni.

Costi e oneri/ricavi, rendite e proventi da attività finanziarie e patrimoniali – componenti negativi/positivi di reddito derivanti da operazioni aventi natura di raccolta finanziaria/generazione di profitti di natura finanziaria e di matrice patrimoniale, primariamente connessa alla gestione del patrimonio immobiliare, laddove tale attività non sia attività di interesse generale ai sensi dell’art. 5 del decreto legislativo 2 agosto 2017, n. 117 e successive modificazioni ed integrazioni. Laddove si tratti invece di attività di interesse generale, i componenti di reddito sono imputabili nell’area A del rendiconto gestionale.

Relazione di missione Parti correlate

Per parti correlate si intende: a) ogni persona o ente in grado di esercitare il controllo sull’ente. Il controllo si considera esercitato dal soggetto che detiene il potere di nominare o rimuovere la maggioranza degli amministratori o il cui consenso è necessario agli amministratori per assumere decisioni; b) ogni amministratore dell’ente; c) ogni società o ente che sia controllato dall’ente (ed ogni amministratore di tale società o ente). Per la nozione di controllo delle società si rinvia a quanto stabilito dall’art. 2359 del codice civile, mentre per la nozione di controllo di un ente si rinvia a quanto detto al punto precedente; d) ogni dipendente o volontario con responsabilità strategiche; e) ogni persona che è legata ad una persona la quale è parte correlata all’ente.

Costi e proventi figurativi

I costi e i proventi figurativi sono quei componenti economici di competenza dell’esercizio che non rilevano ai fini della tenuta della contabilità, pur originando egualmente dalla gestione dell’ente. Un esempio di costi figurativi è dato dall’impiego di volontari iscritti nel registro di cui all’art. 17, comma 1, del decreto legislativo n. 117 del 2017, calcolati attraverso l’applicazione, alle ore di attività di volontariato effettivamente prestate, della retribuzione oraria lorda prevista per la corrispondente qualifica dai contratti collettivi di cui all’art. 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, così come un esempio di proventi figurativi è riferibile alla traduzione in termini economici dell’apporto che i volontari forniscono attraverso lo svolgimento della propria attività personale, spontanea e gratuita.

—> Alcune risposte alle domande più frequenti e comuni sui modelli di rendicontazione le puoi trovare già QUI.

Adeguamento degli statuti: ulteriore proroga per l’utilizzazione della “modalità semplificata”

La legge di conversione del decreto 125 assicura un’ulteriore proroga della scadenza per l’adeguamento degli statuti con modalità semplificata

Con l’approvazione definitiva della conversione del decreto legge sullo stato di emergenza dello scorso 7 ottobre (dl 125/2020), passa l’ulteriore proroga alla scadenza per l’adeguamento degli statuti con maggioranze semplificate per organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e Onlus, in base alle indicazioni del codice del Terzo Settore (art. 101 c.2).

La scadenza slitta al 31 marzo 2021,annullando la data precedentemente fissata al 31 ottobre 2020. Lo stesso differimento è disposto anche per le imprese sociali. L’intento è quello di allineare sempre di più la scadenza alla data di operatività del registro unico nazionale del Terzo settore, che, con grande probabilità,  avverrà la prossima primavera.

Per tutti gli enti non profit quindi, comprese le Odv, le Aps e le Onlus, rimane comunque la possibilità di adeguare lo statuto alle indicazioni previste dal Codice del Terzo settore, con le maggioranze previste dall’assemblea straordinaria (che prevedono solitamente quorum di partecipazione aggravati rispetto a quella ordinaria).  Ricordiamo che la verifica dell’avvenuto adeguamento statutario avverrà al momento dell’ “immissione” dell’ Ente nel Registro Unico e, qualora gli Enti non abbiano provveduto ad allineare i propri statuti alla normativa , i tempi concessi per provvedere a ciò saranno piuttosto brevi e, comunque, le relative assemblee non potranno più effettuarsi con modalità semplificata.

Due buoni motivi per provvedere, quindi, anche in considerazione che la data di operatività del registro unico, ormai, è piuttosto ravvicinata.

L’organo di controllo per gli Enti del Terzo settore: è il momento della nomina

Una disposizione del codice del terzo settore dispiega i suoi effetti già nell’anno in corso, e interessa le ODV, APS ed ONLUS che abbiano alcuni requisiti dimensionali . Vediamola meglio:

Come tutti sappiamo, l’articolo 30 del codice del terzo settore prevede l’obbligo di dotarsi di un organo di controllo per quegli Enti del Terzo Settore (e, ai sensi del 3° comma dell’art. 101 del codice stesso sono da considerarsi tali – durante il regime transitorio in attesa dell’operatività del Registro Unico quelli iscritti in uno dei registri di settore attualmente esistenti) che raggiungono per due esercizi consecutivi almeno 2 dei seguenti 3 limiti:

– attivo dello stato patrimoniale: 110.000 euro;
– ricavi, rendite, proventi e comunque entrate comunque denominate: 220.000 euro;
– dipendenti occupati (in media) durante l’esercizio: 5 unità

Poiché i due esercizi successivi all’approvazione del codice sono il 2018 ed il 2019, occorre che, all’atto dell’approvazione del bilancio 2019 (che per molti Enti è avvenuto, avvalendosi del posticipo della scadenza permessa dalle disposizioni connesse alla pandemia in corso, nello scorso ottobre) si verifichi se si sono generate le condizioni che rendono obbligatoria la nomina di quell’organo (ovvero i due esercizi consecutivi di “superamento” e, di conseguenza, si provveda alla sua immediata nomina).    

Rammentiamo che l’individuazione dei componenti l’organo di controllo (che può essere anche monocratico) non è “libera” ma deve avvenire facendo in modo che almeno uno di essi appartenga  alle categorie indicate al 2° comma dell’art. 2397 del codice civile .

Stesso discorso (verifica se sussistono le condizioni che rendono obbligatoria la nomina) riguarda il “revisore legale dei conti” che l’art. 31 del codice dispone sia nominato se, anche qui per due esercizi consecutivi, si superano due dei parametri sottoelencati :

– attivo dello stato patrimoniale  : 1.100.000 euro;
– ricavi, rendite, proventi e comunque entrate comunque denominate: 2.200.000 euro;
– dipendenti occupati ( in media ) durante l’esercizio: 12 unità.

Rinviamo, comunque, alla consultazione, in merito, degli articolo 30 e 31 del D.Lvo 117/2017 ( codice del terzo settore).

Il 31 ottobre è il termine ultimo per procedere all’adeguamento degli statuti di ODV, APS e Onlus? O no?

Qualche equivoco da chiarire e qualche ansia da spegnere in merito all’adeguamento statutario previsto dall’art. 101 del Codice del Terzo Settore

 

Molte associazioni si rivolgono al nostro Centro Servizi per il Volontariato per avere informazioni circa le conseguenze del mancato rispetto del termine del 31 ottobre per procedere all’adeguamento dei loro statuti.

Innanzitutto ribadiamo che a essere interessate da questa disposizione sono unicamente le Organizzazioni di Volontariato e le Associazioni di Promozione Sociale già iscritte nei rispettivi Registri Regionali, e le Onlus iscritte nell’elenco tenuto dall’Agenzia delle Entrate (pubblicato sul sito www.agenziaentrate.gov.it).

Tale termine, dopo svariati “slittamenti” (la scadenza originaria era di 24 mesi dalla entrata in vigore del Codice del Terzo Settore, quindi a luglio 2019), è stato ulteriormente prorogato al 31 ottobre 2020 da una disposizione contenuta nel Decreto “Cura Italia” emanato per l’emergenza Covid-19.

La nuova scadenza così determinata riguarda, però, non già il termine ultimo entro cui si può procedere all’adeguamento degli statuti, bensì il termine in cui esso può avvenire utilizzando la c.d. modalità semplificata, ovvero “…modificare i propri statuti con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell’assemblea ordinaria al fine di adeguarli alle nuove disposizioni inderogabili o di introdurre clausole che escludono l’applicazione di nuove disposizioni derogabili mediante specifica clausola statutaria”.

La considerazione che ne deriva è questa: per chi volesse provvedere all’adeguamento statutario successivamente (cosa assolutamente possibile) i quorum da rispettare saranno quelli rafforzati tipici delle deliberazioni straordinarie.

Quindi, per riassumere, le condizioni da rispettare (contemporaneamente) per poter utilizzare la modalità semplificata sono due:

Qualunque altra previsione statutaria ex-novo (ad esempio per introdurre la possibilità di esercizio di attività diverse oppure per consentire lo svolgimento delle assemblee in modalità telematica, o ancora per variare la denominazione dell’Ente o regole del suo funzionamento…) o che si realizzi dopo la data-limite del 31 ottobre – configurando una modifica statutaria vera e propria e non un semplice adeguamento – dovrà avvenire con assemblea straordinaria che rispetti modalità e maggioranze definite per tale tipologia d’assemblea.

Usualmente, gli statuti di OdV, APS e Onlus prevedono per le assemblee ordinarie meccanismi (ad esempio attraverso la doppia convocazione) che consentono di assumere deliberazioni qualunque sia il numero dei presenti, mentre per le assemblee straordinarie il quorum di validità riprende le disposizioni dell’art. 21 del Codice Civile, che recita: “per modificare l’atto costitutivo e lo statuto, se in essi non è altrimenti disposto, occorrono la presenza di almeno tre quarti degli associati e il voto favorevole della maggioranza dei presenti”.

Problema non da poco, soprattutto per le organizzazioni che abbiano un grande numero di aderenti, che – per modificare o anche solo per adeguare dopo il 31 ottobre il proprio statuto – dovranno rispettare il quorum di soci presenti o rappresentati in percentuale molto elevata rispetto all’intera compagine associativa.

Ma, seppure con questa ulteriore difficoltà, ogni intervento di modifica statutaria – lo ripetiamo – sarà ancora perfettamente legittimo anche se avverrà in data successiva al 31 ottobre prossimo.

Siamo una Onlus: che ne sarà di noi?

Buongiorno, siamo una Onlus: che ne sarà di noi? È una delle domande che, con frequenza sempre maggiore, viene rivolta allo “Sportello consulenze” del Centro Servizi per il Volontariato Vol.To. Le numerose Onlus che popolano il mondo del non-profit (secondo l’anagrafe tenuta dall’Agenzia delle Entrate, aggiornata ad agosto 2020, in Piemonte sono 2.189, di cui 1.302 nella Città Metropolitana di Torino) stanno rendendosi conto che, al momento dell’attuazione completa della Riforma del Terzo Settore, per loro ci saranno grandi mutamenti. E scelte importanti e complesse da adottare, cui prepararsi sin d’ora.

 

Due articoli del Codice del Terzo Settore, agendo in modo combinato, determinano la “scomparsa” delle Onlus e la data di tale “scomparsa”:

  • L’art. 102/c2, infatti, interviene abrogando la disciplina delle Onlus (cioè abrogando la parte del D.Lgs 460/1997 “riordino degli Enti non commerciali”), indicando la decorrenza di tale abrogazione secondo le disposizioni del successivo art. 104/c2.
  • Questo secondo articolo la fissa nel “periodo d’imposta successivo al ricevimento dell’autorizzazione da parte della Commissione Europea (cui è subordinata l’attuazione di gran parte delle disposizioni fiscali del Codice del Terzo Settore) e comunque non prima del periodo d’imposta successivo all’operatività del RUNTS”.

In soldoni: a Registro Unico del Terzo Settore attivato e ad autorizzazione europea pervenuta, parte una sorta di “conto alla rovescia” che, all’inizio del periodo d’imposta successivo (che per la gran parte delle organizzazioni in cui esso coincide con l’anno solare è il 1° gennaio seguente) porterà alla cessazione della qualificazione di Onlus e alla dis-applicazione della relativa disciplina fiscale. Questo vorrebbe dire, perciò, che nel caso i due “avvenimenti” (cioè l’attivazione del registro e l’autorizzazione europea) arrivassero nel 2021, il 1° gennaio 2022 rappresenterebbe la “dead-line” per l’esistenza di moltissime Onlus.

E da qui il dubbio espresso nel nostro titolo: che ne sarà di loro?

Un enorme “buco nero” inghiottirà Volontari, operatori, risorse e patrimoni? NO.

Le Onlus avranno tre opzioni fra cui scegliere:

  • trasformarsi in una delle tipologie di ETS previste al 1° comma dell’art. 4 del D.Lvo 117/2017, essendo in possesso delle caratteristiche indicate dal comma stesso e iscriversi in una delle sezioni del RUNTS, continuando quindi a operare come ETS. L’art.101 c8 del Codice certifica che la perdita della qualifica di Onlus in questa occasione non integra l’ipotesi di scioglimento dell’Ente;
  • sciogliersi, cessando ogni attività e conseguentemente destinando il patrimonio residuo (che, ricordiamolo, non può essere mai suddiviso fra gli aderenti a un’organizzazione non-profit) secondo le disposizioni statutarie (che certo prevederà l’obbligo di devoluzione ad altra Onlus o a fini di pubblica utilità, sentito l’organismo di controllo previsto da una Legge del 1996);
  • perdere la qualifica di Onlus (che, come abbiamo visto, spariscono) ma continuare a operare senza “trasformarsi” in ETS, come Ente non-profit. A questo punto, però, occorre considerare che la circolare ministeriale 168/E del 26 giugno 1998 stabilisce che la perdita della qualifica di Onlus equivale, ai fini della destinazione del patrimonio, allo scioglimento dell’Ente. Un’altra circolare dell’Agenzia delle Entrate (59/E del 31 ottobre 2007) afferma: “nell’ipotesi che l’Ente, pur perdendo la qualifica di Onlus, non intenda sciogliersi, ma voglia continuare a operare come Ente privo della medesima qualifica, lo stesso è tenuto a devolvere il patrimonio secondo i criteri indicati dall’art. 10 c1 del D.Lvo 460/97, limitatamente all’incremento patrimoniale realizzato nei periodi di imposte in cui l’Ente aveva fruito della qualifica di Onlus“. Un  meccanismo di calcolo un po’ complesso, indubbiamente, ma ineluttabile.

Ecco perché, di fronte a queste (tre) possibili prospettive occorre che le attuali Onlus effettuino con una certa rapidità le loro scelte. È probabile che ormai manchi poco più di un anno al momento cruciale in cui prenderà il via il “periodo d’imposta successivo etc” richiamato dall’art. 102 del Codice del Terzo Settore, di cui abbiamo trattato in apertura.

Ecco perché alla domanda iniziale “che ne sarà di noi ?” non si può che rispondere: “dipende da Voi”. Dalle scelte che farete. Ma cominciate (o continuate) a riflettere su queste scelte e sulle loro conseguenze. Il tempo non è più molto.

Il vademecum per prendersi cura di poveri e migranti

Il Ministero della Salute ha commissionato all’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà (INMP) una guida delle procedure da adottare da parte di coloro che – a vario titolo – si prendono cura di gruppi di persone ad elevata fragilità e marginalità sociale e sanitaria, ai tempi di Covid-19.

 

Un “vademecum” che definisca procedure chiare, facilmente applicabili e coerenti con le norme introdotte durante l’emergenza da Covid-19 per coloro che si prendono cura di soggetti particolarmente fragili, in ambienti e situazioni che spesso non sono raggiunti dai servizi pubblici, è stato messo a disposizione dal Ministero della Salute, dopo validazione da parte del Comitato tecnico-scientifico.

È una linea-guida pratica, precisa e fondata su evidenze e buone prassi, che fornisce informazioni per la prevenzione dell’infezione e del contagio e consente di attuare una valutazione del rischio attribuibile ai diversi contesti in cui queste persone fragili vivono.

Particolare attenzione viene posta a due categorie di persone fragili: i migranti (inseriti o meno nel sistema di accoglienza italiano) e i senza fissa dimora. Due categorie cui si rivolge, in numerose occasioni, l’azione di assistenza e di sostegno di molti Enti del Terzo Settore.

Troverete, in calce, il collegamento alla versione integrale del vademecum elaborato dall’INMP, cui hanno collaborato – fra gli altri – l’ANCI, l’Istituto Superiore di Sanità, il Ministero dell’ Interno e il Dipartimento della Protezione Civile.

http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2942_allegato.pdf

La Riforma del Terzo Settore: a che punto siamo?

Martedì 7 luglio, con una diretta web sulla pagina Facebook di Vol.To, abbiamo fatto il punto sullo “stato dell’arte” dell’attivazione della Riforma del Terzo Settore (trovate il video in fondo a questo articolo). Torniamo sull’argomento per mettere in rilievo gli elementi più significativi della riforma, i provvedimenti già assunti, quelli ancora mancanti e le criticità che queste mancanze determinano.

 

La Riforma del Terzo Settore, come noto, è un processo di riordino normativo che interessa alcune centinaia di migliaia di Enti non-profit del nostro Paese.

Dal 2013 (quando ne fu annunciata l’intenzione dall’allora Presidente del Consiglio) a oggi enormi passi sono stati compiuti per concretizzare tale riordino, anche se è inutile nascondere che tanti, ulteriori passaggi sono ancora necessari e che alcune di queste mancanze mantengono inapplicate disposizioni di grande rilievo e di indubbio interesse.

La Legge di Riforma (L. 106/2016) che concludeva un iter parlamentare articolato ma piuttosto tranquillo, assegnava al Governo (era una c.d. legge-delega) il compito di emanare – entro 12 mesi – una serie di Decreti Legislativi per normare aspetti specifici.

Tali decreti vennero emanati “nei tempi” e, a fine 2017, si disponeva di cinque decreti legislativi in materia di:

  • Cinque per mille
  • Servizio Civile Universale
  • Fondazione Italia Sociale
  • Impresa sociale
  • Codice del Terzo Settore

Quest’ultimo, in particolare (D. Lgs 117/2017) costituiva – non solo ai fini di questa nostra riflessione – il provvedimento-chiave per definire una disciplina organica comune per tutti gli Enti del Terzo Settore e per indicare le norme “speciali” destinate ad alcune categorie di essi.

Il Codice introduce alcuni concetti e alcune disposizioni davvero rilevanti – e in più casi anche innovativi – fra cui richiamo:

  • introduzione della definizione di “Ente del Terzo Settore” (Art. 4) che, in varie tipologie organizzative (Organizzazione di Volontariato, Associazione di Promozione Sociale, Ente filantropico etc.)  deve essere un Ente privato, costituito per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, svolgendo una o più attività di interesse generale e iscrivendosi in un apposito Registro Unico Nazionale degli Enti del Terzo Settore;
  • possibilità di acquisire la personalità giuridica con modalità semplificata (Art. 22);
  • ampliamento a sei settori di attività d’interesse generale (Art. 5) in cui gli Enti di Terzo Settore possono (devono) operare;
  • istituzione e regolamentazione (Artt. 45 e seguenti) del nuovo Registro Unico Nazionale (RUNTS);
  • nascita di un fondo per sostenere i progetti e le iniziative degli Enti del Terzo Settore di tipo associativo (Art. 72);
  • riforma del regime fiscale degli Enti del Terzo Settore (Artt. 79 e seguenti);
  • introduzione di forme di finanza sociale (Artt. 77 e seguenti) a beneficio delle attività degli Enti del Terzo Settore;
  • aumento delle detrazioni / deduzioni applicabili per le erogazioni liberali destinate agli Enti del Terzo Settore (Art. 83);
  • disposizioni in materia di imposte indirette e tributi locali (Art. 82),

L’attuazione pratica di molte delle norme contenute nei Decreti Legislativi di cui abbiamo parlato richiede, tuttavia, ulteriori disposizioni (Decreti Ministeriali) la cui adozione è essenziale perché tali norme possano essere utilizzate nel concreto.

La produzione di questi Decreti è tuttora in corso e la tabella sottostante ne riepiloga la situazione (fonte: Cantiere Terzo Settore, aggiornamento fine aprile 2020)

D.Lgs. 40/2017 – Servizio Civile Universale

Decreti previsti 4
In corso di elaborazione 1
adottati 0

D.Lgs. 111/2017 – 5 x 1000

Decreti previsti 1
In corso di elaborazione 1
adottati 0

D.Lgs. 112/2017 – Impresa sociale

Decreti previsti 12
In corso di elaborazione 1
adottati 3

D.Lgs. 117/2017 Codice Terzo Settore

Decreti previsti 24
In corso di elaborazione 4
adottati 11

Fra questi ultimi Decreti Ministeriali già emanati, ne ricordo alcuni particolarmente significativi:

  • Decreto correttivo 105/2018
  • Attuazione dell’art. 14 CTS  (linee-guida per il bilancio sociale)
  • Attuazione dell’art. 14 CTS  (linee-guida per la valutazione dell’impatto sociale)
  • Attuazione art. 13 CTS (adozione moduli per la rendicontazione degli ETS)
  • Attuazione art. 83 CTS (individuazione criteri per erogazioni liberali in natura agli ETS)
  • Costituzione dell’ ONC (Organo Nazionale di Controllo dei Centri di Servizio)

Accanto a questi Decreti, inoltre, sono stati adottati provvedimenti importanti (note ministeriali, orientamenti interpretativi etc) da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (circa 20 dal dicembre 2017 al maggio 2020) che trattano vari argomenti, fra cui segnalo:

  • trasformazione di una OdV in APS in regime transitorio
  • esenzione imposta di registro per ETS
  • contributi 5 x 1000
  • composizione della base associativa degli ETS

Anche l’Agenzia delle Entrate è intervenuta con propri provvedimenti d’interpretazione di aspetti fiscali, fra cui hanno particolare rilievo alcune circolari (9/E e 18/E) e risoluzioni (89/E).

In ultimo, ricordo altri provvedimenti collaterali che – pur non essendo direttamente richiamati dalla normativa – possono incidere su interpretazioni e orientamenti rispetto ad aspetti particolari, quali per esempio la recente sentenza (131/2020) della Corte Costituzionale che  interviene – legittimandone la piena applicazione – sull’interpretazione degli Artt. 55 e 56 del CTS (rapporti fra ETS ed Enti pubblici) dapprima fortemente limitata da un parere del Consiglio di Stato del 2018.

Ma veniamo ora alle dolenti note, ovvero a cosa manca ancora e qual è la conseguenza di tali mancanze.

Al di la dei numeri (la tabella precedentemente riportata da un’idea abbastanza precisa della consistenza numerica dei provvedimenti ancora attesi) esistono alcuni provvedimenti strategici la cui assenza blocca aspetti rilevanti e significativi della Riforma.

Ricordo i tre più importanti:

  • il Decreto Interministeriale (Ministero del Lavoro + Ministero delle Finanze) richiamato dall’Art. 6 del CTS riguardante criteri e limiti per l’esercizio di attività diverse;
  • il Decreto Ministeriale richiamato dall’Art. 7 dello stesso Codice relativo alle linee-guida per l’attuazione delle raccolte-fondi per finanziare le proprie attività;
  • il Decreto del MLPS per definire le procedure per l’operatività del RUNTS (richiesto dall’Art. 53 del Codice).

Di tutti e tre i Decreti sono già disponibili delle bozze di lavoro in varia fase di concertazione con altri attori previsti.

In particolare, il primo Decreto è già stato approvato dalla “cabina di regia” prevista dall’Art. 97 del codice stesso e se ne attende (da svariati mesi…) la pubblicazione. Il terzo (quello che, di fatto, detta le regole per la costituzione degli uffici territoriali del RUNTS e perciò ne determina la reale operatività) è all’esame della Conferenza Stato-Regioni che ha mosso alcuni rilievi sulle procedure indicate, escludendo – implicitamente – l’attivazione operativa del RUNTS nell’anno in corso (l’ipotesi più accreditata è che esso possa essere attivato – magari parzialmente – nel primo semestre del 2021).

Le conseguenze di tutto ciò le analizzeremo in un successivo contributo, in cui proveremo a studiare lo scenario cui gli ETS devono, al momento, riferirsi, alle sue  prospettive di evoluzione; tenteremo anche a dare loro dei connotati temporali.

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TAX – CREDIT anche per gli Enti non commerciali

Il decreto “rilancio” (34/2020) prevede l’estensione anche agli Enti non commerciali del credito d’imposta per una quota dei canoni di locazione (affitti) sostenuti nei mesi di marzo / aprile / maggio. 

Vediamo meglio di cosa si tratta, in un intervento-video del nostro consulente dott. Paolo Rota, membro del gruppo di studio sul non-profit dell’Ordine dei Dottori Commercialisti di Torino.

 

Fra le disposizioni del c.d. “decreto rilancio” è anche presente (art. 24) la possibilità per gli Enti non-profit di ottenere un credito d’imposta pari al 60 % degli importi pagati per canoni di locazione immobiliare nei mesi di marzo, aprile e maggio.

Abbiamo chiesto al nostro consulente in materia di illustrarci questa disposizione che, sebbene con alcune difficoltà ”tecniche” può rappresentare un aiuto concreto per ristorare, almeno in parte, i costi sostenuti dalle organizzazioni di volontariato (e, più in generale, dagli Enti non commerciali) nel periodo di  “lock-down” .

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La pubblicazione dei contributi pubblici ricevuti dagli enti non profit

NON SOLO COVID – L’emergenza sanitaria in via di lenta attenuazione, che ha modificato – e qualche volta sconvolto – le attività e l’organizzazione di molti enti non profit, non deve far dimenticare alcuni obblighi che permangono. Vediamone uno (di prossima scadenza), la pubblicazione dei contributi pubblici ricevuti dagli ENP.

 

Alcune tipologie di enti non profit, fra cui le associazioni, sono assoggettate all’obbligo di trasparenza fissato dalla l. 124/2017 con successive modifiche da parte del D.L. 34/2019 e chiarimenti del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 2029 .

Si tratta, in sostanza, di pubblicare – qualora si verifichino alcune condizioni – l’elenco e l’importo dei contributi pubblici ricevuti nel corso del precedente esercizio, utilizzando il proprio sito internet (o “analogo portale digitale”, come ad esempio la propria pagina Facebook) oppure, qualora non se ne disponga, il sito dell’eventuale rete associativa cui l’ente appartiene.

Analizziamo nel dettaglio  questo obbligo di trasparenza.

Chi? Le Fondazioni, le Onlus, tutte le Associazioni, comprese quelle di volontariato e di promozione sociale (la disposizione si applica anche alle Società ma, in questa sede, non tratteremo questo aspetto), che abbiano ricevuto da Pubbliche Amministrazioni o da altri soggetti (società in controllo pubblico, ordini professionali etc.) contributi che, complessivamente, siano pari o superiori ai 10.000 € nell’anno di riferimento (nel nostro caso il 2019).

Quali contributi? I contributi da conteggiare (per il raggiungimento della soglia dei 10.000 €) e da pubblicare (se tale soglia è stata raggiunta o superata) sono quelli relativi a “sovvenzioni, sussidi, vantaggi economici, contributi o aiuti in danaro o in natura” da cui però bisogna escludere “quelli di natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria”. Si conteggiano, cioè, i contributi “liberali” o dietro presentazione di uno specifico progetto cui, appunto, è stato concesso un contributo e non i pagamenti (corrispettivi) per prestazioni che l’ENP ha svolto a favore dell’Amministrazione Pubblica.

Una complicazione: i contributi “in natura”. La già citata circolare di chiarimento del Ministero del Lavoro (n° 2 dell’ 11 gennaio 2019) ha precisato che sono tali le risorse strumentali (beni mobili o immobili) concessi in comodato dalle Pubbliche Amministrazioni, per definire i quali occorre stabilire il valore indicato dalle amministrazioni proprietarie. Ad esempio, un locale il cui valore di locazione “ordinaria” sia di 1.000 € concesso in comodato a un’associazione a 200 €, genera un “contributo in natura” da parte dell’amministrazione che lo ha attribuito pari ad 800 €; se invece il comodato avvenisse a titolo interamente gratuito, il “contributo” da calcolare sarebbe pari a 1.000 €.

Quando? La scadenza per la pubblicazione (non posticipata dalla normativa emergenziale da Coronavirus) è fissata al 30 giugno 2020.

Quali informazioni pubblicare? Pur non essendo predisposto un formato obbligatorio di pubblicazione, la circolare del Ministero del Lavoro indica come necessarie le seguenti informazioni:

  • denominazione e C.F. del ricevente (nel nostro caso l’associazione)
  • denominazione del soggetto erogante (la Pubblica Amministrazione)
  • le singole somme incassate e la data d’incasso
  • la causale (liberalità / contributo ad un progetto specifico / contributo in natura etc.)

Ci sono sanzioni? L’amministrazione che ha effettuato l’attribuzione del contributo può disporre sanzioni, in caso di mancata pubblicazione, pari all’1% degli importi erogati, con un minimo di 2.000 €, e disporre l’obbligo di pubblicazione.

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