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Adeguamento statuti degli ETS: c’è un’ulteriore proroga

L’esigenza di adeguare gli statuti degli Enti che verranno iscritti nel registro Unico nazionale del terzo settore ad alcune disposizioni inderogabili previste dal Codice del terzo Settore è stata favorita, da parte del Legislatore, con la previsione di poter adottare una c.d. “modalità semplificata” ( adozione di modalità e maggioranze previste per le assemblee ordinarie, anziché quelle previste per le assemblee straordinarie, come richiederebbe un intervento  di correzione dello statuto ) contenuta al 2° comma dell’ art. 101 del Codice.

Tale possibilità, tuttavia, era originariamente previsto avesse un termine di 18 mesi dalla pubblicazione del codice (e perciò fosse attuabile fino a dicembre del 2018).

Una serie di proroghe di tale scadenza, successivamente intervenute, ha condotto allo “slittamento” di questa data che è giunto fino al 31 maggio scorso.

Di tale argomento abbiamo ripetutamente trattato, anche in questa sezione del sito di Vol.To. Colleghiamo, di seguito, l’ultimo intervento sul tema:

https://www.volontariatotorino.it/adeguamento-degli-statuti-ulteriore-proroga-per-lutilizzazione-della-modalita-semplificata/

Il D.L. “semplificazioni” (d.l. 77 del 31 maggio 2021) proroga ulteriormente al 31 maggio 2022 la possibilità di adottare le modalità “semplificate”, al fine di rendere – appunto – più “semplice” adottare quelle modifiche statutarie che si dovessero rendere necessarie per l’iscrizione ne RUNTS, la cui operatività viene data ormai per imminente

La vidimazione del registro dei volontari: è obbligatoria?

Spesso ricorre, nell’interlocuzione con le organizzazioni che si rivolgono al nostro centro, una domanda relativa all’ obbligo di far vidimare il “registro dei volontari” dell’Ente. Comprendiamo meglio quali siano le disposizioni in materia.

Lo scorso 28 maggio il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali è intervenuto con una nota (la nota 7180) su una questione spesso dibattuta e su cui era, più che mai, necessario un pronunciamento da parte del Ministero. Di seguito, il rimando alla nota citata:

https://www.lavoro.gov.it/documenti-e-norme/normative/Documents/2021/Nota-7180-del-28052021-Vidimazione-registro-dei-Volontari.pdf

La nota chiarisce che il Codice del Terzo Settore ha espressamente previsto, per tutti gli enti del Terzo settore che si avvalgono di volontari non occasionali, l’obbligo di iscriverli in un apposito registro.

Un decreto del Ministro dell’industria, commercio e artigianato (ora Ministro dello sviluppo economico) del 14 febbraio 1992, come modificato dal successivo decreto del 16 novembre 1992, attuativo dell’articolo 4 della legge quadro sul volontariato n. 266/1991, e del relativo obbligo assicurativo, prevede l’istituzione di un registro dei volontari con le relative caratteristiche, ovvero:

  • la numerazione progressiva delle pagine,
  • la bollatura in ogni pagina
  • nonché l’apposizione della dichiarazione da parte dell’autorità che aveva bollato le pagine, circa il numero complessivo delle stesse.

La nota 7180 sottolinea che la vidimazione del registro con le modalità sopra descritte è volta a garantire la veridicità del documento e prevenirne una alternazione dei contenuti 

Viena inoltre dato atto che, quantunque il CTS (Codice del Terzo Settore) non preveda espressamente l’obbligo di numerare e bollare le pagine e di attestarne il numero complessivo, ciò non significa che tali adempimenti non siano più necessari.

La loro previsione è infatti contenuta nelle disposizioni di attuazione (concernendo la modalità di tenuta del registro dei volontari) dell’obbligo assicurativo; obbligo che, chiarisce la nota, è tuttora in essere e che anzi viene esteso a tutti gli enti del Terzo settore, assieme alla possibilità di avvalersi di volontari.

In ultimo rammentiamo che tale vidimazione può avvenire da parte di un Pubblico Ufficiale (notaio, Segretario Comunale ) e che i dati riportati devono riguardare : le generalità complete del Volontario e la data d’inizio ( ed eventualmente di termine ) dell’attività di volontariato. Tali dati devono, inoltre essere mantenuti in costante aggiornamento.

Soci minorenni: si può? La possibilità di un minore di essere socio di una OdV (o APS)

Spesso viene richiesto al Centro Servizi per il Volontariato se un minorenne può associarsi a una Organizzazione di Volontariato (o Associazione di Promozione Sociale) e, in caso positivo, quali diritti e doveri abbia.

Proviamo a esaminare la questione partendo da un’affermazione incontrovertibile: nulla lo vieta espressamente, a meno che non esista una clausola statutaria specifica che escluda l’ammissione di soci minorenni (clausola, peraltro, perfettamente legittima, qualora fosse prevista).

Altra considerazione va fatta, invece, sul fatto che essendo l’associazione un “contratto” che, come tale, deve essere concluso soltanto da chi ha la “capacità di agire” (che si acquista con la maggiore età), parrebbe da ciò esclusa la possibilità che stiamo esaminando.

Ma numerose norme nazionali e internazionali (ad esempio la convenzione di New York sui diritti dei fanciulli) portano a ritenere che i minori possano compiere, comunque, i “piccoli atti della vita quotidiana” che non arrecano loro pregiudizio. L’art. 18 della Costituzione della Repubblica Italiana, nell’assicurare il diritto ad associarsi, non pone alcuna limitazione a tale diritto e, pertanto, si ritiene – da parte della grande maggioranza dei commentatori – che le organizzazioni di tipo associativo abbiano la facoltà di accogliere come soci anche i minori (pur senza averne il dovere, come detto).

Ci corre l’obbligo, però, di esprime alcuni consigli prudenziali qualora le associazioni optino per questa scelta: innanzitutto verificare, qualora questi soci abbiano anche funzioni operative (siano, cioè, volontari dell’Ente), che la copertura assicurativa si estenda anche a volontari minorenni; precauzionalmente (e in riferimento alla già citata “capacità di agire” limitata del minore), far sottoscrivere la domanda di adesione al genitore, così da armonizzare l’esercizio del diritto del minore con la legittima interferenza di chi esercita la patria potestà (con specifica funzione giuridica di vigilanza, educazione e protezione) .

Ben diversa considerazione va fatta, invece, per quanto riguarda l’esercizio dei diritti associativi da parte del minore. Abbiamo in ogni sede ripetuto il concetto che a tutti i soci va assicurata parità di diritti. Nel caso di cui ci occupiamo, però, occorre integrare tale concetto con la più volte richiamata limitata “capacità di agire” del minore-socio (soprattutto laddove potrebbe generarsi quel “pregiudizio a se stesso” che deve essere assolutamente escluso).

Se non vi sono dubbi sulla facoltà di intervenire in assemblea e sul diritto di voto (elettorato attivo) qualora quest’ ultimo non comporti rilevanti conseguenze sul piano giuridico o economico per il minore, molto più dubbio è il diritto all’elettorato passivo (ossia a essere votato a ricoprire cariche associative).

Questa situazione, infatti, comporterebbe il compimento di veri e propri atti giuridici di cui il minore stesso, a questo punto, avrebbe la responsabilità e questo fatto confligge con quella limitazione della “capacità di agire” di cui stiamo trattando, non potendoli riconoscere fra i “piccoli atti di vita quotidiana” che il minore è autorizzato a compiere.

A questo proposito segnaliamo alcune interpretazioni (sempre più diffuse) che sostengono che:

  • lo statuto può escludere l’esercizio di alcuni diritti sociali per i soci minorenni (prevedendo per questi uno “status” speciale);
  • è possibile prevedere l’espressione del voto (elettorato attivo) da parte del genitore, in quanto rappresentante legale, fino alla maggiore età del socio;
  • il genitore non può in nessun caso esercitare l’elettorato passivo (ovvero farsi eleggere in rappresentanza del figlio) essendo questo un diritto personalissimo del socio.

 

Le raccolte pubbliche di fondi destinati a “finanziare” l’attività o progetti

Le raccolte pubbliche di fondi destinati a “finanziare” l’attività o uno specifico progetto di organizzazioni che non esercitano prevalentemente attività commerciale assumono un’importanza rilevante per garantire una “boccata d’ossigeno” alle casse di queste organizzazioni e quindi alle loro meritorie attività. Occorre, però, rispettare alcune prescrizioni normative per non incorrere – pur se animati dalle migliori intenzioni – in spiacevoli “incidenti”.  Vediamole:

Tutti gli Enti non-commerciali (e perciò anche le ODV, le APS e, più in generale, gli Enti “non profit” che non svolgono prevalentemente attività commerciale) possono reperire fondi da privati attraverso manifestazioni ed attività rivolte al pubblico in generale, anche con lo scambio di beni o di servizi con i fruitori che sono, così, più sollecitati a versare fondi per sostenere la “buona causa” di questi Enti.

Tali raccolte-fondi, se hanno le caratteristiche precisate dall’art. 2 – secondo comma– del d.lgs. 460/97 (riordino degli Enti non-commerciali), generano proventi che non concorrono alla formazione del reddito e quindi non sono soggetti a tassazione. Identico concetto è espresso dall’ art. 143 del TUIR (testo unico delle imposte sui redditi) che, in sostanza, de-commercializza:  “i fondi pervenuti ai predetti enti ( enti non-commerciali ) a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi di sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione”.

Ne deriva, quindi che i proventi di raccolte fondi occasionali da parte di Enti non commerciali:

  • non concorrono alla formazione del reddito imponibile;
  • non sono soggetti ad IVA.

sono esenti da ogni altro tributo

Tuttavia, affinché le predette raccolte possano effettivamente beneficiare del generalizzato regime di esclusione da ogni tributo, è necessario che le stesse rispettino le seguenti condizioni:

  • deve trattarsi di raccolta pubblica (ossia proposte dirette alla generalità dei soggetti);
  • l’iniziativa deve essere occasionale (quindi non continuativa, il concetto di occasionalità tuttavia non risulta precisamente individuato. Possiamo però, per analogia ad altre disposizioni, ipotizzare che non debba superare il limite di due iniziative l’anno)
  • che sia organizzata in concomitanza di un’occasione particolare (un evento, una ricorrenza, una festività, una campagna di sensibilizzazione ecc.);
  • qualora venissero scambiati dei beni o servizi, questi ultimi devono avere un valore commerciale modico, ossia deve rappresentare un simbolo, il pretesto per una sovvenzione in denaro;

Da non dimenticare, inoltre, che la “raccolta-fondi” dovrà essere correttamente rendicontata con un apposito documento. Infatti “entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio l’ente non – commerciale deve redigere un apposito separato rendiconto…. dal quale devono risultare, anche a mezzo di una relazione illustrativa, in modo chiaro e trasparente le entrate e le spese relative a ciascuna raccolta-fondi“.

Infine occorre ricordare che, qualora la raccolta così organizzata, preveda l’occupazione di spazi pubblici l’Ente organizzatore dovrà chiedere opportuna autorizzazione all’ Ente proprietario (Comune, Provincia etc.) e pagare gli eventuali costi legati all’occupazione del suolo pubblico (Tosap, etc.)

Il Centro Servizi, ovviamente, è a disposizione per fornire le necessarie informazioni in merito.

Adeguamento degli statuti: ulteriore proroga per l’utilizzazione della “modalità semplificata”

La legge di conversione del decreto 125 assicura un’ulteriore proroga della scadenza per l’adeguamento degli statuti con modalità semplificata

Con l’approvazione definitiva della conversione del decreto legge sullo stato di emergenza dello scorso 7 ottobre (dl 125/2020), passa l’ulteriore proroga alla scadenza per l’adeguamento degli statuti con maggioranze semplificate per organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e Onlus, in base alle indicazioni del codice del Terzo Settore (art. 101 c.2).

La scadenza slitta al 31 marzo 2021,annullando la data precedentemente fissata al 31 ottobre 2020. Lo stesso differimento è disposto anche per le imprese sociali. L’intento è quello di allineare sempre di più la scadenza alla data di operatività del registro unico nazionale del Terzo settore, che, con grande probabilità, avverrà la prossima primavera.

Per tutti gli enti non profit quindi, comprese le Odv, le Aps e le Onlus, rimane comunque la possibilità di adeguare lo statuto alle indicazioni previste dal Codice del Terzo settore, con le maggioranze previste dall’assemblea straordinaria (che prevedono solitamente quorum di partecipazione aggravati rispetto a quella ordinaria). Ricordiamo che la verifica dell’avvenuto adeguamento statutario avverrà al momento dell’ “immissione” dell’ Ente nel Registro Unico e, qualora gli Enti non abbiano provveduto ad allineare i propri statuti alla normativa , i tempi concessi per provvedere a ciò saranno piuttosto brevi e, comunque, le relative assemblee non potranno più effettuarsi con modalità semplificata.

Due buoni motivi per provvedere, quindi, anche in considerazione che la data di operatività del registro unico, ormai, è piuttosto ravvicinata.

Le responsabilità patrimoniali trattate nel libro I del Codice Civile

La responsabilità patrimoniale degli amministratori, l’autonomia patrimoniale (“perfetta” o “imperfetta”), il riconoscimento della personalità giuridica. Cioè?

Spesso riceviamo richieste di informazioni rispetto ai tre concetti che costituiscono il titolo di questo “ago”.

Tre concetti diversi e separati, ma tra loro strettamente connessi e molto rilevanti nell’esercizio dell’attività delle Associazioni.

Proviamo ad esaminarli “da vicino”. 

Incominciamo da una constatazione: il codice civile, laddove si occupa (libro I) di “associazioni” le suddivide in due grandi categorie : quelle “riconosciute” e quelle “non riconosciute” .

Alle prime ( con le “fondazioni”) sono dedicati gli articoli dal 14 al 35, mentre alle seconde (con i “comitati”) quelli dal 36 al 42.

Il “riconoscimento” cui si fa riferimento è quello della personalità giuridica di diritto privato , ovvero

  • Il riconoscimento delle persone giuridiche private che operano nelle materie attribuite alla competenza delle regioni e le cui finalità statutarie si esauriscono nell’ambito di una sola regione, determinato dall’iscrizione nel registro delle persone giuridiche istituito presso la stessa Regionein base a quanto disposto dal DPR 10 febbraio 2000, n. 361.
  • Il riconoscimento delle persone giuridiche di carattere privato operanti in ambito nazionale (o le cui finalità statutarie interessano il territorio di più regioni) e/o in settori di competenza statale) acquisito attraverso iscrizione nel Registro delle persone giuridiche private istituito presso le Prefetture – U.T.G.

L’acquisizione della personalità giuridica è perciò una caratteristica facoltativa dell’ente. Per un’associazione, acquisire la personalità giuridica significa fornire garanzie e certezza del diritto ai terzi e  poter usufruire di un regime di responsabilità limitata nei confronti dei creditori: in altre parole, per gli eventuali debiti o obbligazioni di natura civilistica contratti dall’ente risponderà solamente quest’ultimo con il proprio patrimonio e non anche gli amministratori (o i singoli partecipanti, nei comitati)  con il loro patrimonio personale.

Bisogna, perciò, sgombrare il campo da  alcune false convinzioni, come ad esempio, quella di essere una “associazione riconosciuta” per il semplice fatto di aver ottenuta la registrazione del proprio atto costitutivo dall’agenzia delle entrate, oppure  per l’essere stati iscritti in un registro/albo/elenco o ancora per l’aver ottenuto – sempre dall’agenzia delle entrate- il codice fiscale o il numero di partita IVA.

Molto rilevante, a questo punto, è menzionare una “terza via” per la possibile acquisizione della personalità giuridica.

La riforma del terzo settore ha introdotto la possibilità (art. 22 del Codice del terzo settore) di ottenere tale riconoscimento mediante l’ iscrizione in apposita sezione del RUNTS .

E’ una modalità, ovviamente, riservata solamente agli ETS che si iscrivono nel registro unico  e che  rappresenta una semplificazione ed abbrevia in modo molto significativo i tempi necessari.

Al momento dell’iscrizione nel RUNTS (anche per “trasmigrazione” dagli attuali registri regionali delle odv ed aps) può essere fatta richiesta di tale riconoscimento da parte di un notaio che attesta la sussistenza dei requisiti formali e patrimoniali che lo consentono. Il registro, in assenza di motivi di diniego, iscrive l’ Ente entro 60 giorni. Un tempo molto breve, perciò (soprattutto e rapportato ai tempi delle modalità attualmente disponibili) ed una procedura “leggera” che dovrebbero ampliare di molto il numero delle associazioni che godranno di questo riconoscimento.

    • Occorre però tenere presente alcuni fatti da cui non si può prescindere:
      – La richiesta di iscrizione deve essere presentata da un notaio, cui spetta il compito di certificare l’entità del “patrimonio “ di cui dispone l’associazione;
      – Questo patrimonio deve essere non inferiore a 15.000€ e non può essere alienato;
      – L’associazione deve essere costituita con atto pubblico o, se non lo è dall’origine, l’atto costitutivo deve essere trasformato in atto pubblico.

E’ quindi del tutto evidente che la decisione di richiedere l’attribuzione della personalità giuridica autonoma comporta due consapevolezze .

  • Che si deve (e si dovrà) sempre possedere un patrimonio “dell’associazione” di almeno 15.000 € (in denaro, titoli, beni – ma in questo caso il valore del bene dovrà essere determinato con apposita perizia);
  • Che vi sono costi per gli onorari del notaio che deve : a) istruire la pratica per la richiesta di riconoscimento contestuale all’iscrizione nel RUNTS ;  b) (eventualmente) redigere l’atto pubblico per “modificare” l’originale scrittura privata di costituzione dell’ Ente, qualora quest’ultimo non sia stato costituito fin dall’origine con atto pubblico (…ossia con atto notarile).

Ma, anche qui, liberiamo il campo da un equivoco: l’iscrizione nel RUNTSA non comporta automaticamente l’attribuzione della personalità giuridica; essa avviene solo per chi segue la procedura sopra delineata, con l’intervento di un notaio. Gli ETS potranno tranquillamente iscriversi nel RUNTS senza richiedere l’attribuzione della personalità giuridica, rimanendo, così – per il codice civile-  un’ “associazione non riconosciuta” . 

Concludiamo con un’annotazione sulla differenza nell’attribuzione delle responsabilità patrimoniali fra le forme previste dal nostro codice civile ;

  • Nelle “fondazioni” (che devono avere necessariamente propria personalità giuridica) l’autonomia patrimoniale è “perfetta”, ovvero vi è separazione completa fra il patrimonio della fondazione e quello delle persone che per essa agiscono;
  • Nelle “associazioni” abbiamo già esaminato la differenza fra quelle “riconosciute” (in cui vi è separazione patrimoniale, analogamente a quanto descritto al punto precedente) e quelle ”non riconosciute” in cui l’autonomia patrimoniale “imperfetta” fa si che, oltre che sul fondo comune, eventuali creditori possano agire sul patrimonio di chi abbia agito “in nome e per conto” dell’associazione stessa, ovvero – tipicamente -. degli amministratori che hanno concorso alla decisione che ha determinato l’obbligazione (art. 38 c.c.)
  • Nei “comitati”, qualora questi non abbiano il riconoscimento (possibile ma estremamente raro) della personalità giuridica, la responsabilità patrimoniale ricade (art. 41 c.c.) sui singoli , siano essi qualificati come “promotori” che come “organizzatori” ma anche semplici componenti del comitato.

Diversa, ovviamente, la responsabilità di chi si sia impegnato mediante la sottoscrizione di oblazioni  (i c.d. “sottoscrittori”) essendo questi tenuti al solo versamento dei beni promessi e non divenendo, per questo, membri del comitato.

Gli organi delle Associazioni, fra codice civile e del Terzo settore 

Nell’ordinamento giuridico Italiano, l’associazione è una delle (più diffuse) forme aggregative su base personale disciplinate dalla legge.

Essa deve essere costituita da almeno due persone salvo casi specifici come le “organizzazioni di volontariato” e le “associazioni di promozione sociale” che hanno un minimo costitutivo di almeno 7 persone fisiche (o tre enti):  

La Costituzione della nostra Repubblica riconosce ai cittadini la possibilità di associarsi liberamente, senza alcuna previa autorizzazione, purché i fini associativi non siano vietati dalla legge penale.

Il codice civile distingue tra associazioni riconosciute e non-riconosciute a seconda, appunto, che abbiano richiesto (ed ottenuto) o meno il riconoscimento della personalità giuridica. Tale fatto (sul quale ritorneremo in un apposito “ago”) implica l’acquisizione della piena autonomia patrimoniale dell’ente.

Per quanto riguarda l’ordinamento interno, le associazioni riconosciute sono disciplinate dagli articoli 14 – 35 del codice civile mentre quelle non-riconosciute trovano disciplina in soli tre articoli del codice, quelli dal 36 al 38.

Anche se il citato articolo 36 lascia ampia libertà alle associazioni non-riconosciute di determinare la struttura interna dell’ente, la Corte di Cassazione ha più volte ribadito che anche queste sono obbligate ad avere – come quelle riconosciute, cui vengono nella sostanza “equiparate sotto questo aspetto – un’organizzazione che si basi sulla presenza di alcuni organi”.

Tali “organi” sono:

L’assemblea dei soci

Il Consiglio Direttivo

Ad essi si affianca, tradizionalmente, la presenza di un Presidente e, talora, di altri organi che, seppure non espressamente resi obbligatori dal codice civile, vengono prescritti da altre norme.

Ad esempio, per gli “Enti del Terzo settore” l’articolo 30 del Codice del terzo settore prevede – al verificarsi di alcune condizioni – la nomina (obbligatoria) di un organo di controllo e   – al raggiungimento di ulteriori condizioni- quella di un revisore legale dei conti (art. 31 CTS).

Esistono, inoltre, altri organi completamente facoltativi (non obbligatori per nessuna tipologia di Ente ) che possono essere, però, nominati come atto discrezionale dell’ente stesso. 

I compiti di tali organi sono:

L’assemblea è l’organo sovrano dell’associazione e ne costituisce ed assicura il carattere democratico. Riunisce tutti i Soci (che devono avere eguali diritti e doveri, fra cui quello essenziale di votare in assemblea) e si occupa delle decisioni fondamentali per l’indirizzo ed il funzionamento dell’Associazione. Provvede anche all’elezione di altri organi, quali l’organo di amministrazione (consiglio direttivo) e – se richiesto- dell’organo di controllo e di revisione.

In alcuni statuti ad essa è affidata anche l’elezione diretta del Presidente. 

Approva il programma dell’attività e delibera sul rendiconto (bilancio) annuale sottopostale dall’organo di amministrazione.

Per gli Enti del Terzo settore un dettagliato elenco delle competenze inderogabili dell’assemblea è fornito dall’articolo 25 del CTS.

L’organo di Amministrazione generalmente definito “consiglio direttivo” costituisce l’organo esecutivo dell’Ente e si occupa della gestione quotidiana dell’ente stesso, amministrandolo e svolgendo le mansioni indicate nello Statuto o deliberate, di volta in volta, dall’assemblea.

L’articolo 26 del CTS indica, anche in questo caso in modo dettagliato una serie di regole che devono essere osservate nel determinare la composizione del   consiglio direttivo di un Ente del terzo settore.

Al Presidente spetta il compito di curare la realizzazione e direzione delle attività previste e votate dal Consiglio direttivo e dall’Assemblea. Importante sottolineare, tuttavia, che il Presidente opera per incarico del Consiglio Direttivo (che, a sua volta lo fa su incarico dell’assemblea) esercitando la “legale rappresentanza” dell’Ente da Lui/Lei Presieduto. Egli non può, quindi, assumere decisioni “da solo” (se non in casi di assoluta urgenza e necessità) essendo l’organo decisionale costituito dall’intero consiglio direttivo (o, in casi di maggiore rilevanza o rientranti nelle specifiche attribuzioni) dall’ Assemblea. 

L’ organo di controllo per gli Enti del terzo settore è un organo obbligatorio; deve, cioè essere obbligatoriamente (sempre) nominato dall’assemblea delle Fondazioni o, per le associazioni, al raggiungimento per due esercizi successivi di 2 delle seguenti condizioni:

• attivo dello stato patrimoniale pari o superiore a 110.000 €
• ricavi annui pari o superiore a 220.000 €
• dipendenti mediamente occupati almeno 5   

La funzione dell’organo di controllo è quella di vigilare sull’osservanza della legge e dello statuto e sulla correttezza amministrativa, oltre ad eseguire il controllo contabile qualora non sia stato nominato il revisore legale dei conti

Un ulteriore organo obbligatorio è costituito dal Revisore Legale dei conti che deve essere nominato al raggiungimento per due esercizi successivi di 2 delle seguenti condizioni:

• attivo dello stato patrimoniale pari o superiore a1. 100.000 €
• ricavi annui pari o superiore a2. 200.000 €
• dipendenti mediamente occupati almeno 12

Esso è responsabile del controllo contabile e dell’adeguatezza dell’assetto organizzativo ed amministrativo  

Esiste, in ultimo, la possibilità (assolutamente facoltativa) di nominare altri organi che l’associazione individui come funzionali ad una migliore organizzazione dell’Ente. Tra questi uno di quelli che spesso viene individuato è il “collegio dei probiviri“, organo di garanzia del rispetto delle disposizioni statutarie e di composizione delle controversie tra organi e tra organi ed associati.  Nel caso l’associazione decida di dotarsi di questi organi è opportuno che lo statuto ne disciplini nel dettaglio la composizione, le funzioni e l’organizzazione interna. 

Gli adempimenti da ETS, una tabella esemplificativa

L’operatività del RUNTS e la conseguente iscrizione (a domanda o per “trasmigrazione”) di molti Enti nel registro stesso richiede una buona conoscenza di  quali siano gli adempimenti che i “nuovi” ETS dovranno rispettare.

La tabella sottostante, che suddivide gli ETS in due categorie: quelli con entrate, proventi, ricavi annui  inferiori a 220.000 € e quelli che, invece, superano tale valore , ricapitola schematicamente i principali adempimenti obbligatori da rispettare. Per semplificare la lettura gli adempimenti sono stati raggruppati in tre tematiche principali : quelli afferenti al bilancio/rendiconto , quelli afferenti al controllo della gestione  e quelli relativi alla tenuta dei libri sociali .

(1) Le “attività diverse” devono essere documentate in calce al rendiconto di cassa
(2) Entro il 30.6 dell’anno di approvazione
(3) La nomina è obbligatoria se si superano per due esercizi 2 dei parametri seguenti :
– entrate superiori a 220.000 €
– patrimonio attivo superiore a 110.000 €
– oltre 5 dipendenti in media nell’anno
(4) La nomina è obbligatoria se si superano per due esercizi 2 dei parametri seguenti :
– entrate superiori a 2.220.000 €
– patrimonio attivo superiore a 1.100.000 €
– oltre 12 dipendenti in media nell’anno
(5) con iscrizione dei volontari che svolgono l’attività in modo non occasionale

La trasmissione dei dati relativi alle erogazioni liberali ricevute

Un decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze ha risolto l’incertezza rispetto all’obbligo di trasmissione dei dati riguardanti le erogazioni liberali ricevute da una vasta platea di Enti non-profit. Vediamone il contenuto.

Con decreto del 3 febbraio scorso il Ministero dell’ Economia è intervenuto sulla questione relativa alla “trasmissione telematica dei dati riguardanti le erogazioni liberali in denaro “ ricevute da alcune categorie di enti non-profit.

Tali Enti sono le Onlus (anche quelle “automatiche”, come ad esempio le organizzazioni di volontariato iscritte  nei registri regionali) le APS iscritte negli appositi registri e le associazioni e fondazioni riconosciute che operano in particolari ambiti (ricerca scientifica, promozione e tutela del patrimonio artistico, culturale, paesaggistico) .

La trasmissione dei dati (ovvero l’elenco delle erogazioni ricevute, i relativi importi  e la comunicazione delle persone fisiche autrici  delle erogazioni) deve avvenire in tutti i casi in cui l’Ente sia a conoscenza del  Codice Fiscale del donatore.

Il termine per la trasmissione dei dati– che deve avvenire telematicamente, secondo modalità tecniche che verranno successivamente stabilite con un provvedimento del Direttore dell’ Agenzia delle Entrate – è fissato al 28 febbraio. 

L’obbligo di trasmissione :

  • Per le erogazioni ricevute nel 2020 > è facoltativo( non vi è sanzione per la mancata trasmissione ma solo se, in caso di trasmissione, si sia generato – colposamente o dolosamente – un danno per l’erario );
  • Per le erogazioni ricevute nel 2021 > è obbligatorio solo per gli Enti che, nel medesimo esercizio, abbiano conseguito entrate complessive per oltre un milione di €, diversamente rimane facoltativo;
  • Per le erogazioni ricevute dal 2022 in poi, > è obbligatorio solo per gli Enti che, nel medesimo esercizio, abbiano conseguito entrate complessive per oltre 220.000 €, diversamente rimane facoltativo.

A questo link troverete il testo integrale del decreto 3 febbraio 2021.

Prestazioni occasionali e certificazione unica

Come ogni anno, l’approssimarsi della “stagione” in cui anche gli Enti del Terzo Settore sono chiamati a rilasciare la “Certificazione Unica” dei compensi erogati  a coloro con cui sono intercorsi rapporti di collaborazione, genera dubbi e interrogativi .

Proviamo a mettere qualche punto fermo, richiamando i concetti generali collegati ad una delle prestazioni lavorative più diffuse nel mondo del non-profit: quella delle  prestazioni occasionali.

Le prestazioni occasionali sono quelle attività di prestazioni d’opera (lavoro) occasionali, retribuite che rispettano dei precisi criteri:

– sono svolte da una persona non in possesso della partita IVA;
– sono svolte in modo puramente occasionale;
– sono svolte in modo non continuativo;
– sono svolte da un soggetto non professionista dell’attività per cui viene retribuito;
non sono coordinate dal committente;
– il percipiente non deve superare la soglia dei 5.000,00 (cinquemila /00) euro annui ricevuti.


Se
tutti questi criteri sono rispettati, il lavoratore occasionale sarà retribuito a fronte di una ricevuta che il percipiente stesso emette indicando:

– tutti i dati del prestatore d’opera occasionale (il percipiente, ossia il lavoratore);
– tutti i dati del committente (chi affida il lavoro ossia l’ente);
– la somma percepita;
– la data;
– la dicitura:  operazione non soggetta al regime Iva a norma dell’art. 5 Dpr 633/72 e successive modificazioni.

Sulla ricevuta:

– sarà indicato l’importo lordo pattuito, l’ammontare della ritenuta di acconto (pari al 20% dell’importo lordo), l’importo netto che incasserà il percipiente;
– sarà apposta una marca da bollo di euro 2,00 avente data anteriore o uguale alla data della ricevuta (applicata unicamente sull’originale della ricevuta consegnata al committente solo se la ricevuta è di importo lordo superiore a 77,47 euro).

Entro il 16 del mese successivo alla data di pagamento (non data di ricevuta) deve essere versata, da parte del committente, la ritenuta d’acconto del 20% mediante modello F24 indicando come  codice 1040 e, come periodo, il mese e l’anno di pagamento della prestazione. Il sito dell’agenzia delle Entrate contiene un’utile esempio di compilazione (vedi spiegazione dal sito dell’Agenzia delle Entrate).

E veniamo agli adempimenti successivi:

La Certificazione Unica deve essere inoltrata telematicamente all’Agenzia delle Entrate entro il 16 marzo dell’anno successivo a quello in cui è avvenuto il pagamento. Entro la stessa data deve essere consegnata dal committente al percipiente. Le scadenze attualmente sono queste ma potrebbero variare in seguito al periodo pandemico che stiamo vivendo.

Successivamente, il committente dovrà trasmettere (ordinariamente entro il 31 ottobre ) telematicamente all’Agenzia delle Entrate la dichiarazione mod. 770 (dichiarazione del sostituto d’imposta) che conterrà l’elenco di tutte le ritenute d’imposta operate e versate nell’anno precedente. 

In ultimo, occorre ricordare che i compensi erogati concorrono alla determinazione dell’IRAP qualora sia dovuta .  Occorre però anche sottolineare che, a tale proposito, la Regione Piemonte – nell’ambito dell’autonomia decisionale prevista dalla Legge in materia –  ha deliberato aliquote di particolare favore per gli ETS e, addirittura, l’azzeramento dell’aliquota per le Onlus che operano in campo educativo, sanitario ed assistenziale .  Ma di questa imposta (che, anch’essa, genera qualche dubbio ed incertezza) avremo modo di trattare successivamente.

 

(testo redatto in collaborazione col dr. Paolo Rota, Commercialista in Torino, consulente di Vol.To)