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Green-pass e volontariato: che fare?

L’obbligatorietà del green pass nei “luoghi di lavoro pubblici e privati”, anche per i volontari rimane uno dei temi più caldi del momento. Di sicuro, è importante che per la prima volta il Governo abbia inserito esplicitamente i volontari in un decreto sulla certificazione verde, ma sono ancora tanti i dubbi da risolvere ( ad esempio le modalità di verifica e le indicazioni sulla privacy).

Questo contributo, realizzato in collaborazione con l’avv. Davide Nizza (Studio Avvocato Nizza & Associati – Torino ) ha l’obiettivo di “fare il punto” sulla situazione, fornendo agli ETS indicazioni e suggerimenti utili per affrontare l’argomento.

Come noto, alcuni recenti provvedimenti del Governo hanno introdotto norme per l’impiego della “certificazione verde Covid-19” nell’ esercizio di attività sociali ed economiche.

Cominciamo con il richiamare tali provvedimenti:

> un primo decreto-legge (105/2021) introduce l’obbligo – a partire dal 6 agosto– del possesso della certificazione (nota come “green-pass”) per svolgere o accedere alle seguenti attività:

-ristorazione (svolta da qualsiasi esercizio) per consumo al tavolo, al chiuso
– spettacoli aperti al pubblico, eventi e competizioni sportive
– musei ed altri istituti e luoghi della cultura, mostre
– piscine, centri natatori, palestre, sport di squadra, centri benessere (anche all’ interno di strutture ricettive) limitatamente alle attività al chiuso
– sagre, fiere, convegni e congressi
– centri termali, parchi tematici e di divertimento
– centri culturali, centri sociali e ricreativi limitatamente alle attività al chiuso e con l’esclusione delle attività educative per l’infanzia, i centri estivi e le relative attività di ristorazione
– sale giochi, sale scommesse, sale bingo, casinò
– concorsi pubblici.

La disposizione, pertanto, prevedeva che gli utenti di queste attività fossero sottoposti all’ obbligo di “green-pass” mentre nulla veniva detto – se non in sede interpretativa- per gli operatori che tali attività svolgevano (molti avranno memoria, ad esempio, delle polemiche scaturite rispetto ad alcune possibili situazioni “paradossali” come quella dei clienti di un ristorante cui era richiesto il possesso del “green-pass” mentre i camerieri potevano esserne privi…)

> un secondo decreto (D.L. 111/2021)  convertito in legge il 23.9.2021 ha, poi, introdotto – a partire dal 1 settembre – ulteriori obblighi nell’ambito scolastico ed universitario, per l’uso di alcuni mezzi pubblici e per l’accesso alle RSA.

> e veniamo all’ ultimo e – per noi – più rilevante decreto. Se infatti nei decreti precedenti l’aspetto da verificare – per comprendere l’ applicabilità o meno alle “nostre” realtà-  era quello dell’ attività svolta nella circostanza (esempio : l’organizzazione di una mostra, l’attività in un centro culturale, un’attività di ristorazione al chiuso  etc. – cfr. il nostro precedente contributo “Green pass: un bel problema…!”) , nel D.L. 127/2021. Vengono introdotte – all’ art. 3 – norme per l’impiego della certificazione verde covid 19 nell’ambito lavorativo privato.  Ed a questo ambito viene riferita esplicitamente anche “l’attività di volontariato”.

Questo si legge nella norma pubblicata alcuni giorni or sono:

Art. 9-septies

  1. Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, (…), a  chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell’accesso ai  luoghi in  cui  la predetta  attività è svolta, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19 (…);
  2. La disposizione di cui al comma 1 si applica altresì a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria  attività lavorativa o di formazione o di volontariato nei luoghi  di  cui  al comma 1, anche sulla base di contratti esterni.

Dal 15 ottobre, perciò, chiunque (con poche e specifiche esenzioni) svolga un’attività lavorativa – o di volontariato– deve possedere il “green-pass”, indipendentemente da quale sia l’attività ed il luogo in cui essa si svolge. O, per dirla con altre parole, chiunque “faccia il volontario” (cioè svolga un’attività di volontariato) così come ogni altro lavoratore, deve possedere il “green-pass”. L’assistere un disabile, il servire in una mensa solidale, l’eseguire un trasporto, il fornire informazioni in uno sportello, l’accudire animali in un rifugio, l’intrattenere un gruppo di bambini o qualsiasi altra fra le mille possibili “attività di volontariato” implica perciò il possesso del “green-pass” da parte di colui che la mette in atto.

Alcuni esempi:

(*) l’oggettiva difficoltà a richiedere il possesso del “green-pass” ai frequentatori di mense “solidali” (prevalentemente senza fissa dimora, extracomunitari – spesso irregolari- emarginati) e la loro conseguente ipotetica esclusione da un servizio che tutela un’esigenza vitale è oggetto di dubbi interpretativi per cui sono stati richiesti ragguagli al Ministero.

In ultimo ricordiamo che il green pass permette anche di avere accesso alle sale d’attesa dei pronto soccorso e ai reparti ospedalieri per far visita ai familiari ricoverati.

Resta da esaminare, a questo punto, a chi spetti il “controllo”.

Se, nel caso di organizzazione di attività che presuppongono il possesso del “green-pass” da parte degli utenti, non vi è dubbio ad individuare nell’ organizzatore/titolare dell’attività il responsabile del controllo (in soldoni: l’associazione di volontariato che organizza una mostra è tenuta alla verifica del green-pass dei visitatori, ad esempio), lievemente più complessa è l’applicazione al mondo dei Volontari.

La norma fa esplicito riferimento al datore di lavoro come soggetto su cui incombe l’onere (“è tenuto”) di verificare il rispetto delle prescrizioni circa il possesso della certificazione verde. Cosi, nel caso in cui un ETS si avvalga dell’opera, oltre che dei volontari, anche di lavoratori dipendenti, non sarà certo disagevole individuare la figura (all’interno dell’ETS) su cui grava l’obbligo di controllo.

Laddove non vi siano dipendenti e, quindi, in assenza di un datore di lavoro propriamente detto, il concetto generale da rispettare è che, anche in questo caso, la responsabilità è di colui che “organizza” l’attività del volontario ( cioè l’associazione di appartenenza e, quindi, chi la rappresenta ) che deve perciò verificare ( a pena di sanzioni piuttosto rilevanti ) che i “suoi” volontari abbiano la prescritta certificazione verde mentre non è chiaro come si debbano comportare i volontari “sciolti” ( non- organizzati ) , la cui esistenza – peraltro- è ammessa, ad esempio, dall’ art 17 del Codice del Terzo Settore (comma3) .  Anche su quest’ultimo argomento si auspicano futuri chiarimenti ministeriali.

E concludiamo richiamando alcuni (noti) concetti che, comunque, può essere utile avere “sotto mano”:

cos’è il “green-pass”: è una certificazione in formato digitale e stampabile, emessa dalla piattaforma nazionale del Ministero della Salute, che contiene un QR Code per verificarne autenticità e validità. Essa attesta: l’avvenuta vaccinazione oppure l’esecuzione di un tampone nelle 48 ore precedenti (72 se tampone molecolare) oppure l’avvenuta guarigione dalla malattia

come si verifica l’esistenza e la veridicità del “green-pass”: di fronte al rischio di Green Pass fasulli (venduti anche sui canali social) Palazzo Chigi, dal suo account twitter rilancia l’applicazione creata ad hoc per verificare la certificazione del certificato. «Certificazione verde: come riconoscere facilmente quella autentica», è il tweet della Presidenza del Consiglio che, in una breve infografica, spiega come funzione l’applicazione. Si chiama «Verifica c19», opera attraverso la scansione del Qr Code del Green Pass, ed è gratuita.

green-pass e privacy: questa app non raccoglie nessun tipo di dato, per cui non sarà possibile ottenere automaticamente, ad esempio, un registro di chi entra in un determinato luogo.

dove non è necessario: se dal 6 agosto in molti posti viene richiesto il green pass, ci sono altrettante attività per cui non è necessario: si tratta soprattutto dei servizi essenziali come negozi, supermercati, farmacie e in generale negli esercizi commerciali non elencati nella lista. Si può continuare a svolgere sport individuale all’aperto. Al bar, se al chiuso, non occorre il green pass per il consumo al bancone. Anche chi è alloggiato in un hotel può accedere ai servizi di ristorazione offerti esclusivamente alla clientela, anche in caso di consumo al tavolo in un locale al chiuso, senza mostrare una certificazione verde. Però nel caso in cui i servizi di ristorazione siano aperti anche a clienti che non alloggiano nella struttura, l’accesso sarà riservato soltanto o a chi, cliente interno o esterno, è in possesso di una certificazione verde, in caso di consumo al tavolo al chiuso.

Per ogni ulteriore informazione, gli ETS possono rivolgersi ai servizi di consulenza ed informazione di “Vol.To” e consultare l’apposita sezione di FAQ del sito del Ministero della salute: https://www.dgc.gov.it/web/faq.html

Decreto “sostegni”: c’è qualcosa anche per il Terzo settore

Nel “decreto sostegni” (approvato il 19 marzo ed in corso di pubblicazione) sono presenti anche misure che possono interessare direttamente il mondo del Terzo settore. Vediamole:

Come noto, il Governo è intervenuto con un decreto approvato il 19 marzo scorso a dettare misure di sostegno ai settori economici maggiormente esposti alle conseguenze della pandemia che continua a interessare il nostro Paese.

Fra le misure introdotte ve ne sono alcune che interessano direttamente il mondo del Terzo settore.

  • L’art. 1 prevede che i contributi a fondo perduto per i soggetti titolari di partita IVA che abbiano subito una riduzione di fatturato di almeno il 30 % nell’anno 2020 rispetto al 2019 è esteso anche agli Enti non commerciali e del terzo settore, limitatamente alle attività commerciali svolte. Tali Enti, perciò, qualora abbiano svolto sia nel 2019 che nel 2020 attività commerciali regolarmente fatturate e che abbiano riportato una diminuzione di almeno il 30 % di tale fatturato possono richiedere il contributo economico (secondo le fasce e gli scaglioni previsti dal decreto) in tutta analogia alla possibilità prevista per le imprese, gli operatori economici, i professionisti etc.

Di seguito potrete trovare il comunicato-stampa della Presidenza del consiglio dei ministri relativo:http://www.governo.it/it/articolo/comunicato-stampa-del-consiglio-dei-ministri-n-8/16428

  • L’art. 14 introduce una (ulteriore) deroga al termine ultimo per approvare le modifiche statutarie di “adeguamento” richieste dal 2° comma dell’art. 101 del decreto legislativo117/2017 (codice del terzo settore) per odv, aps ed onlus utilizzando la “modalità semplificata”. Tale scadenza è ora portata al 31 maggio 2021.
  • Istituito un “bonus” per i lavoratori sportivi con uno stanziamento di 350 milioni di euro, che saranno erogati come lo scorso anno. Chi ha già ricevuto il bonus nei mesi precedenti, se conserva i requisiti per averne diritto, lo riceverà automaticamente, in caso contrario dovrà farne domanda, registrandosi sulla specifica piattaforma.

Volontari… in zona rossa

Nuove disposizioni, particolarmente severe per la nostra Regione, incidono sull’operatività degli Enti del Terzo Settore. Facciamo un primo punto sull’argomento, in attesa di future evoluzioni normative e interpretative. E di un miglioramento della situazione, ovviamente.

Dal 6 novembre al 3 dicembre p.v. sarà in vigore un nuovo DPCM che contiene una serie di disposizioni destinate a limitare la diffusione del contagio da Sars-Cov2.

Fra le misure del decreto, notevole importanza riveste la suddivisione del territorio nazionale in tre diverse aree: zona gialla, arancione e rossa a seconda del grado di rischio, della situazione dei contagi e dello stato delle strutture ospedaliere. Ogni area ha le sue differenti misure restrittive, commisurate – appunto – al “colore” dell’area stessa. La nostra Regione è collocata in “zona rossa” (aree a rischio massimo) e le regole introdotte dal DPCM sono, di conseguenza,  le più restrittive.

Fra esse:

  • il divieto totale di spostamento in entrata e uscita e all’interno del territorio (anche nello stesso comune di residenza) con le sole eccezioni di spostamenti dovuti a comprovate esigenze lavorative, motivi di salute o a situazioni di necessità. La sussistenza di una di queste cause deve essere auto-certificata dall’interessato utilizzando appositi moduliA tale proposito rammentiamo l’importanza della veridicità sia dei dati anagrafici riportati sia della dichiarazione del motivo di lavoro, salute, necessità e urgenza, gli unici che consentono di uscire di casa, indicato
  • la didattica a distanza dalla seconda media (con l’eccezione di attività dedicate a minori con disabilità)
  • la chiusura di ristoranti, bar, pasticcerie, centri estetici e di tutti i negozi in cui non si vendono beni essenziali

Ma esistono anche alcune attività  che sono consentite, quali, ad esempio:

  • l’apertura delle aziende e di alcuni servizi
  • l’apertura delle scuole fino alla 1a media e degli asili
  • la ristorazione con consegna a domicilio e all’aperto fino alle 22
  • l’apertura delle farmacie, tabaccherie, negozi di alimentari, supermercati
  • l’apertura di librerie ed edicole, di parrucchieri e barbieri.

 

Sommandosi a quanto già previsto da precedenti DPCM e DPGR, in particolare dal DPGR 120 del 26.10.2020 che raccomanda:

  • l’uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie sempre (finanche in abitazioni private, in presenza di non-conviventi)
  • le riunioni private con modalità a distanza)

l’elemento di divieto che maggiormente incide sull’operatività degli ETS è essenzialmente rappresentato dal divieto di ogni spostamento che – di fatto – genera nelle zone rosse un nuovo lockdown, analogo a quello della scorsa primavera (per quanto “ammorbidito” per taluni aspetti, come abbiamo visto).

E la situazione che si ripropone agli ETS è, ancora una volta, quella di valutare se esistano o meno le condizioni per continuare a svolgere – in tutto o in parte – le loro attività.

Non esistono, anche in questa nuova situazione, disposizioni esplicite che indichino le attività consentite e quelle sospese per gli ETS e quindi occorre – ancora una volta – ricondurre le proprie specifiche attività alle norme comuni e comprenderne, così, la possibilità di  svolgimento.

Se è vero, come è vero, che lo svolgimento delle “riunioni private” (cui si possono ricondurre concettualmente una vasta serie di attività degli ETS che prevedono momenti di incontro – di riunione, appunto – sia fra gli addetti, volontari e non, che con gli utenti) non è almeno al momento espressamente vietata (sia il DPCM del 18 ottobre che la circolare del Ministero degli Interni del 20 ottobre fanno riferimento a una “forte raccomandazione” a tenere tali riunioni da remoto), altrettanto se non più rilevante è la questione della possibilità di effettuare spostamenti di qualsiasi entità.

Abbiamo visto che tali spostamenti, nelle zone rosse,  sono vietati a chicchessia, salvo che ricorrano i motivi richiamati, fra cui  una situazione di necessità. Ed è proprio su questo concetto che occorre soffermarsi, ovvero la valutazione oggettiva dell’esistenza – o meno – di una “situazione di necessità” che richieda lo spostamento.

Rappresenta, indubbiamente, una situazione di necessità l’attività di soccorso e di trasporto sanitario, così come le azioni connesse alla Protezione Civile. E’ altrettanto riconoscibile la “situazione di necessità” per le azioni di supporto alle fasce deboli della popolazione (ad esempio per l’assistenza a persone anziane o impossibilitate a provvede ai bisogni quotidiani). Anche l’assistenza agli animali (ad esempio ospitati in un canile gestito dall’associazione) può costituire una condizione di necessità per gli spostamenti.

Una  precauzione significativa, comunque, è quella di attestare la “comprovata” esigenza mediante il coordinamento e l’accordo con l’ente pubblico di riferimento.

Raccomandazione generale, tuttavia, è quella di non “largheggiare” troppo nell’individuazione dello stato di necessità (anzi, di farne una valutazione molto prudente) e di adottare, sempre, tutte le misure generali di protezione e di prevenzione.

Infine, qualora gli spostamenti dei volontari / operatori siano ritenuti necessari , occorre che costoro portino con sé, durante gli spostamenti stessi:

  • autocertificazione in cui sia barrata l’opzione: situazione di necessità
  • dichiarazione (su carta intestata) del Legale rappresentante dell’organizzazione di appartenenza recante:
    • nome e natura dell’associazione; settore di attività; iscrizione in eventuali registri pubblici
    • servizio svolto (*)
    • nome del volontario
    • territorio di riferimento per lo svolgimento dell’attività

(*) ad esempio: “esecuzione di intervento di assistenza in favore di persone in grave stato di necessità”

Qualora il movimento dei volontari preveda il trasporto sullo stesso automezzo di più persone, dovranno ovviamente applicarsi le disposizioni di isolamento e protezione prescritte (distanziamento, uso dispositivi di protezione etc).

 

E, in conclusione, una nota di speranza.

La “colorazione” delle zone è sottoposta a una revisione quattordicinale. L’auspicio di tutti noi piemontesi è che le misure di ulteriore restrizione a cui dal 6 novembre saremo assoggettati producano rapidamente i loro effetti e, già alla prima “revisione”, ci sia consentito di riclassificarci in altra zona, con restrizioni meno serrate che consentano, oltre a migliori e più sicure condizioni di vita, anche lo svolgimento più agevole e incisivo delle attività degli Enti del Terzo settore.

 

Riunirsi, ma come? A distanza o in presenza?

Riunione a distanza oppure in presenza? Vediamo le modalità (e gli accorgimenti) con cui possono tenersi le riunioni negli ETS

 

Le attività degli Enti del Terzo Settore implicano, spesso, la necessità di tenere delle riunioni o degli incontri fra gli appartenenti all’Ente o con i destinatari delle sue attività.

Superata la fase del lockdown, quando ogni forma di incontro fra persone è stato inibito per evitare il rischio di contagi reciproci e durante il quale le organizzazioni hanno – necessariamente – dovuto optare per tenere le loro riunioni utilizzando modalità a distanza, la situazione di progressivo allentamento dei divieti consente alle organizzazioni stesse di scegliere quale modalità sia la migliore per tenere le proprie riunioni, senza ignorare tuttavia regole e precauzioni che, per entrambe le modalità, devono essere  adottate.

Cominciamo ad esaminare l’ipotesi delle riunioni tenute a distanza.

Il Decreto Legge 18/2020 (“Cura Italia”) ha previsto la possibilità dello svolgimento di riunioni (anche degli organi sociali) in videoconferenza, tramite strumenti quali ad esempio skype, hangout o zoom, anche qualora tale modalità non fosse espressamente prevista negli Statuti e nei regolamenti delle organizzazioni (art. 73 c. 4).

Tale possibilità è ammessa fino al termine della durata dello stato di emergenza dichiarato dal Governo, cioè fino al 31 luglio 2020 (salvo ulteriori proroghe).

Dalla previsione di legge erano rimasti inizialmente fuori gli Enti non lucrativi diversi da Associazioni e Fondazioni, quali ad esempio i comitati o gli Enti ecclesiastici e confessionali civilisticamente riconosciuti, poi ricompresi nella previsione con la legge di conversione del decreto.

Se un’Associazione o una Fondazione vuole riunire i propri organi sociali a distanza lo potrà quindi fare, sempre però “nel rispetto di criteri di trasparenza e tracciabilità previamente fissati” (ad esempio mettendo a disposizione in anticipo i materiali oggetto di discussione), che consentano al Presidente dell’organo di accertare la regolarità della costituzione della riunione, identificando quindi in modo certo i partecipanti, di regolare lo svolgimento dell’adunanza e di constatare i risultati delle votazioni.

Fondamentale è il rispetto del principio di simultaneità per il quale, a pena di invalidità della riunione, ogni partecipante deve poter seguire in modo adeguato la discussione, oltre a poter intervenire in tempo reale nella trattazione degli argomenti e nella votazione.

Altro discorso, invece, riguarda la ripresa delle riunioni “in presenza” .

Lo scorso 1° giugno, anche sulla base di alcune richieste specifiche, è stata pubblicata sul sito del Governo la seguente risposta a una FAQ, relativa alle modalità di svolgimento delle assemblee/riunioni in presenza fisica in Associazioni e Società.

  • FAQ: “Possono svolgersi assemblee (ordinarie o straordinarie) condominiali, di società di capitali o di persone ovvero di altre organizzazioni collettive?”
  • RISPOSTA: “Le assemblee di qualunque tipo (condominiali ovvero di ogni altra forma di organizzazione collettiva) possono svolgersi “in presenza fisica dei soggetti convocati” a condizione che siano organizzate in locali o spazi adeguati, eventualmente anche all’aperto, che assicurino il mantenimento continuativo della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro fra tutti i partecipanti, evitando dunque ogni forma di assembramento, nel rispetto delle norme sanitarie nel contenimento della diffusione del contagio da covid-19. Resta ferma la possibilità delle stesse riunioni in remoto, in quanto compatibile con le vigenti disposizioni…”

Sono perciò da ritenersi consentite le riunioni e le assemblee in presenza fisica nei luoghi privati.

La stessa cosa non vale per i luoghi pubblici o aperti al pubblico.

Ma qual è il limite massimo di persone che può partecipare ad una di queste “riunioni”?

Seri dubbi sorgono sulla possibilità di tenere riunioni e adunanze – anche in luoghi privati –  quando sia prevista la presenza di oltre 200 persone (se al chiuso) o di 1000 persone (se all’aperto).

Fondamentale, tuttavia, che le riunioni in presenza si svolgano nel rispetto di tutte le prescrizioni necessarie a prevenire la possibile diffusione di contagi. Rammentiamo, perciò:

  • divieto di accesso a soggetti con sintomi respiratori o temperatura > 37.5
  • rigorosa attenzione all’igiene delle mani, attraverso la disponibilità generalizzata di “dispenser” con soluzioni disinfettanti
  • rispetto della distanza di sicurezza di almeno un metro (davanti, alle spalle, ai lati) per cui è necessaria una superficie minima di circa 2 mq per ogni persona partecipante (dato di cui tenere conto per correlare il numero dei partecipanti alla superficie del locale)
  • presenza di un numero sufficiente di sedie, così da assicurare la distanza di sicurezza e la presenza “statica” all’evento
  • garanzia del distanziamento in tutti i momenti della riunione (incluse le fasi di ingresso e uscita dal locale)
  • utilizzo di mascherine, anche all’aperto
  • igiene frequente e rigorosa degli ambienti
  • istruzioni per l’uso dei servizi igienici
  • adeguata ventilazione naturale (o, in presenza di sistemi di condizionamento nei luoghi chiusi, il rispetto delle raccomandazioni per il loro uso)
  • differenziazione tra le vie di entrata e uscita dal/dai locale/i
  • evitare di diffondere documenti o altro materiale cartaceo
  • divieto di consumo di cibi o bevande
  • modalità d’intervento che – preferibilmente – escludano l’uso di microfoni

Buona norma, inoltre, è rappresentata dalla comunicazione preventiva ai convocati/partecipanti delle modalità di svolgimento e delle misure di sicurezza adottate, meglio – qualora sia prevista – allegandole alla convocazione.

Leggi tutti gli approfondimenti sulla normativa di Enrico Bussolino

Alcune misure di favore messe a disposizione dal decreto 34/2020

Il c.d. “decreto rilancio” ( D. 34/2020 ) e gli emendamenti approvati per la sua conversione in legge hanno introdotto alcune norme di favore destinate agli Enti del terzo settore. Esaminiamo nel dettaglio alcune di esse, aiutandoci con 3 “clip” esplicative del ns. consulente dr. Paolo Rota, Commercialista in Torino.

Una “clip” illustrativa del provvedimento sulla “tax – credit” concessa per le spese di adeguamento dei locali in cui si svolge l’attività degli Enti del terzo settore , una seconda sui benefici concessi per gli oneri di sanificazione ed acquisto di dispositivi per la sicurezza di dipendenti, volontari d utenti ed una terza sul credito d’imposta per interventi di ristrutturazione e risparmio energetico sono i tre contributi che – in modo essenziale ma esauriente – abbiamo richiesto al nostro consulente per ricapitolare i più importanti provvedimenti contenuti nel c.d. “decreto rilancio” (successivamente  meglio specificati dalle successive circolari applicative dell’Agenzia delle Entrate ) che interessano (anche) gli Enti del Terzo Settore.

Tax credit adeguamento locali

Tax credit sanificazione

Credito di imposta per le spese di ristrutturazione e miglioramento energetico

A questi argomenti si aggiunge anche un’ulteriore “clip” già pubblicata in questa rubrica in un precedente “ago” col titolo di “Tax credit anche per gli Enti non commerciali” che tratta del credito d’imposta sugli affitti pagati dagli Enti del Terzo settore per i mesi di marzo, aprile e maggio, che Vi invitiamo a consultare per completezza d’informazione.

Il Decreto Rilancio per gli Enti del Terzo Settore

 

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale a fine maggio il Decreto-Legge 34/2020 per il “rilancio” dell’economia duramente colpita dall’epidemia da coronavirus. Insieme a numerose disposizioni di sostegno delle imprese e delle famiglie, vi sono anche alcune misure d’interesse per gli Enti del Terzo Settore. Vediamole

 

Anche gli ETS ritrovano alcune misure di sostegno all’interno del Decreto Rilancio, recentemente emanato dal Governo.

Cominciamo ad esaminare quelle più significative, ricordando che nell’iter di conversione in legge potrebbero essere introdotti alcuni emendamenti  maggiormente estensivi (alcuni di essi sono già stati annunciati) ad ulteriore vantaggio del settore.

  • IRAP (art. 24): non è dovuto il saldo IRAP relativo al periodo d’imposta 2019, né l’acconto relativo al periodo d’imposta successivo. Non si tratta di una semplice sospensione o di un rinvio, ma di un vero e proprio azzeramento dell’imposta da versare.
  • Canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo (art. 28): credito d’imposta pari al 60% del canone versato per i mesi di  marzo, aprile e maggio per gli immobili destinati allo svolgimento dell’attività istituzionale.
  • Spese per l’adeguamento degli ambienti di lavoro (art. 120): anche gli ETS possono godere di un credito d’imposta del 60% delle spese sostenute nel 2020 per gli interventi necessari al rispetto delle prescrizioni sanitarie contro la diffusione del Covid-19.
  • Spese sostenute per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati, nonché per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale (mascherine, visiere, guanti etc) per garantire la salute dei lavoratori (da precisare che, in base all’art. 66, le mascherine sono considerate dispositivi di protezione non solo per i lavoratori ma anche per i Volontari) e degli utenti (art. 125): credito d’imposta pari al 60% delle spese sostenute.
  • Ulteriore rinvio fino al 16 settembre (artt. 126 e 127) delle scadenza dei versamenti già sospesi dai precedenti decreti “Cura Italia” e “Liquidità” con possibilità di rateizzazione in 4 rate mensili di pari importo, con versamento della prima entro il 16 settembre (contributi previdenziali e assistenziali e premi per l’assicurazione obbligatoria).

Per meglio comprendere gli aspetti “tecnici” dei provvedimenti, pubblichiamo un video illustrativo  realizzato dal nostro consulente, dott. Paolo Rota, membro del gruppo di studio sul non-profit dell’Ordine dei Dottori Commercialisti di Torino.

Leggi tutti gli approfondimenti sulla normativa di Enrico Bussolino

Il Volontariato in fase 2: indicazioni e suggerimenti

Aspetti rilevanti da considerare nella redazione di un protocollo di comportamento da adottare per la “ripartenza” (o la continuazione) delle attività di Volontariato nella fase di “convivenza” con l’infezione da virus Sars-Cov2.


Premessa

A scanso di qualsiasi equivoco, diciamo subito che, al momento, non sono disponibili “protocolli” specifici per le attività di Volontariato, ne è alle viste la loro definizione.

In questo lavoro, perciò, daremo conto delle indicazioni di carattere generale applicabili anche al mondo del Volontariato e, più in generale, degli Enti del Terzo Settore, segnalando che la continua evoluzione normativa potrebbe portare (anzi, quasi certamente, porterà) a una progressiva  modificazione di alcune indicazioni che il Centro Servizi avrà cura di segnalare, con aggiornamenti al presente documento.


NORMATIVA DI RIFERIMENTO

Il  decreto-legge 16 maggio 2020 n. 33 definisce il quadro normativo nazionale entro il quale, nel periodo fra il 18 maggio e il 31 luglio,  potranno essere emanati appositi  decreti e ordinanze di Stato, Regioni e Comuni per disciplinare gli spostamenti delle persone e per regolare le modalità di svolgimento di attività economiche, produttive e sociali. Tra le previsioni, segnaliamo:

  • Art.1 / punto 8 – È vietato l’assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico. Le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura con la presenza di pubblico, ivi compresi quelli di carattere culturale, ludico, sportivo e fieristico, nonché ogni attività convegnistica o congressuale, in luogo pubblico o aperto al pubblico, si svolgono, ove ritenuto possibile sulla base dell’andamento dei dati epidemiologici, con le modalità stabilite con i provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020 (ndr, ovvero con adozione di specifici DPCM).
  • Art.1 / punto 14 – Le attività economiche, produttive e sociali devono svolgersi nel rispetto dei contenuti di protocolli o linee guida idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in ambiti analoghi, adottati dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali. In assenza di quelli regionali trovano applicazione i protocolli o le linee guida adottati a livello nazionale. Le misure limitative delle attività economiche, produttive e sociali possono essere adottate, nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità, con provvedimenti emanati ai sensi dell’articolo 2 del decreto legge n. 19 del 2020 o del comma 16.
  • Art.1 / punto 15 –  Il mancato rispetto dei contenuti dei protocolli o delle linee guida, regionali, o, in assenza, nazionali, di cui al comma 14 che non assicuri adeguati livelli di protezione determina la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza.

Il DPCM 17 maggio 2020 detta più specifiche prescrizioni  per numerosi ambiti di applicazione. Tra di esse segnaliamo:

  • Art. 1 / punto C – A decorrere dal 15 giugno 2020,  e’  consentito  l’accesso  di bambini e ragazzi a luoghi destinati allo  svolgimento  di  attivita’ ludiche, ricreative ed educative, anche  non  formali,  al  chiuso  o all’aria aperta, con l’ausilio di operatori cui affidarli in custodia e  con  obbligo  di  adottare  appositi   protocolli   di   sicurezza predisposti in conformità alle linee guida del dipartimento  per  le politiche della famiglia di cui  all’allegato  8;  le  Regioni  e  le Province Autonome possono stabilire una  diversa  data  anticipata  o posticipata a condizione che  abbiano  preventivamente  accertato  la compatibilità  dello  svolgimento  delle  suddette   attività   con l’andamento della situazione epidemiologica nei  propri  territori  e che individuino i protocolli o le linee guida  applicabili  idonei  a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel rispetto dei  principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali.
  • Art. 1 / punto I –  Lo svolgimento delle manifestazioni  pubbliche  è  consentito soltanto in forma statica, a condizione che, nel corso di esse, siano osservate le  distanze  sociali  prescritte  e  le  altre  misure  di contenimento, nel rispetto delle prescrizioni imposte dal questore ai sensi dell’articolo 18  del  Testo  unico  delle  leggi  di  pubblica sicurezza di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.
  • Art. 1 / punto M – Gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri  spazi anche all’aperto restano sospesi fino al 14 giugno 2020. Dal 15 giugno 2020, detti spettacoli sono svolti con posti a sedere preassegnati e distanziati e a condizione che sia comunque assicurato il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro sia per il personale, sia per gli spettatori, con il numero massimo di 1000 spettatori  per  spettacoli all’aperto e di 200 persone per spettacoli in luoghi chiusi, per ogni singola sala. Le regioni e le province autonome possono stabilire una diversa   data, in relazione all’andamento della   situazione epidemiologica nei propri territori. L’attività degli spettacoli è organizzata secondo le linee guida di  cui  all’allegato  9.  Restano sospesi gli eventi che implichino assembramenti in spazi chiusi o all’aperto quando non è possibile assicurare il rispetto delle condizioni di cui alla presente lettera; restano comunque sospese le attività che abbiano luogo in sale da ballo e  discoteche  e  locali assimilati, all’aperto o al chiuso, le fiere e i congressi.
  • Art. 2 / punto 1 –  Sull’intero territorio nazionale tutte le attività produttive industriali e commerciali, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 1, rispettano i contenuti del protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus covid-19 negli ambienti di   lavoro sottoscritto il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali (ndr, le associazioni con lavoratori dipendenti sono sicuramente tenute ad adottare detto protocollo. Per le associazioni senza dipendenti è comunque fortemente consigliato).
  • Art. 3 / punto 1.b –  È fatta espressa raccomandazione a tutte le persone anziane o affette da patologie croniche o con multimorbilità ovvero con stati di immunodepressione congenita o acquisita, di evitare di  uscire dalla propria abitazione o dimora fuori dai casi di stretta necessità.
  • Art. 3 /punto 2 – Ai fini del contenimento della diffusione del virus COVID-19, è fatto obbligo sull’intero territorio nazionale di usare protezioni delle vie respiratorie nei luoghi al chiuso accessibili al pubblico, inclusi i mezzi di trasporto e comunque in tutte le occasioni in  cui non sia possibile garantire continuativamente il mantenimento  della distanza di sicurezza. Non sono soggetti all’obbligo i bambini al di sotto dei sei anni, nonchè i soggetti con forme di disabilita’ non compatibili con l’uso continuativo della mascherina ovvero i soggetti che interagiscono con i predetti.

La circolare del Ministero degli Interni del 19 maggio 2020 che da indicazioni ai Prefetti per la modulazione dei controlli anti-covir 19.

Il protocollo condiviso (fra Governo e parti sociali) del 24 aprile 2020 per il contrasto alla diffusione del Covid-19 negli ambienti di lavoro. I suoi principi-cardine sono:

  1. INFORMAZIONE: informare le persone che accedono nei locali del divieto di lavorare in presenza di sintomi quali febbre superiore a 37,5° o altri sintomi influenzali, mantenere la distanza di sicurezza, osservare le regole di igiene delle mani e tenere comportamenti corretti sul piano dell’igiene.
  2. MODALITA’ DI INGRESSO: possibilità (ma non formale obbligo) di misurare la temperatura per chi accede, divieto di accesso per coloro che hanno avuto contatti stretti con soggetti risultati positivi al Covid negli ultimi 14 giorni, possibilità di accesso per coloro che hanno contratto la malattia solo fornendo documentazione che attesti l’avvenuta negativizzazione.
  3. ACCESSO DI ESTERNI: limitare le occasioni di contatto tra personale interno ed esterni, individuare servizi igienici dedicati puliti quotidianamente ed impedire l’uso di quelli del personale interno.
  4. PULIZIA E SANIFICAZIONE: assicurare la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago. Le sanificazioni “straordinarie” ai sensi della circolare 5443 del Ministero della Salute devono essere svolte in presenza di casi di persone positive al Covid e nelle aree a maggior endemia ma devono comunque essere previste, oltre alle pulizie giornaliere, delle sanificazioni periodiche con prodotti a base di alcool (almeno 70%) e ipoclorito di sodio (0,1%-0,3%).
  5. PRECAUZIONI IGIENICHE: frequente pulizia delle mani con acqua e sapone e messa a disposizione di soluzioni disinfettanti per le mani.
  6. DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALI: qualora il lavoro imponga di lavorare a distanza interpersonale minore di un metro e non siano possibili altre soluzioni organizzative è comunque necessario l’uso delle mascherine. E’ previsto, per tutti i lavoratori che condividono spazi comuni, l’utilizzo di una mascherina chirurgica.
  7. GESTIONE SPAZI COMUNI: contingentare l’accesso agli spazi comuni, garantire aerazione adeguata ed il mantenimento della distanza di almeno 1 metro, particolare attenzione alla pulizia e sanificazione dei locali in cui si mangia e delle macchinette caffè/distributori automatici.
  8. ORGANIZZAZIONE: ridurre il numero di persone presenti ricorrendo il più possibile allo smart working, evitare il trasporto pubblico e privilegiare l’uso di mezzi privati per raggiungere i luoghi di lavoro.
  9. GESTIONE ENTRATE/USCITE: scaglionare l’ingresso e l’uscita delle persone che lavorano se il numero di persone può determinare assembramenti.
  10. SPOSTAMENTI INTERNI, RIUNIONI, EVENTI INTERNI E FORMAZIONE: limitare al minimo gli spostamenti interni in sede durante il lavoro, non svolgere riunioni in presenza (sono consentite riunioni con carattere di necessità ed urgenza, riducendo al minimo le persone che vi partecipano, garantendo il distanziamento ad almeno un metro e adeguata areazione dei locali), non svolgere i corsi di formazione e gli eventi interni in presenza.
  11. GESTIONE DI UNA PERSONA SINTOMATICA: isolare le persone che sviluppino sintomi febbrili o influenzali durante l’attività, garantendo inoltre l’immediato isolamento delle persone che lavoravano a contatto con la persona sintomatica, avvertendo le autorità sanitarie e seguendo le loro indicazioni.
  12. SORVEGLIANZA SANITARIA: dove sia presente il medico competente per la sorveglianza sanitaria dei lavoratori, dovranno essere svolte le visite mediche (privilegiando quelle preventive, a richiesta e per rientro da malattia) e il medico segnala all’azienda situazioni di particolare fragilità e patologie attuali o pregresse dei lavoratori.

Le linee di indirizzo per la riapertura delle attività economiche e ricreative approvate dalla Conferenza Stato-Regioni il 15.05 e riprese dall’ordinanza 51 della Regione Piemonte del 17 maggio 2020 (organizzate in schede per settore di attività)

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Aggiornamento del 25 maggio 2020


CONSIDERAZIONI GENERALI

La mobilità individuale, a far data dal 18 maggio, è consentita: ci si può spostare all’interno del territorio regionale (la mobilità inter-regionale è stata nuovamente consentita, con successiva disposizione,  a partire dal 3 giugno 2020).

Cessa, di conseguenza, l’obbligo della autocertificazione dei motivi dello spostamento.

Permane il divieto di assembramento (situazione in cui, in relazione alla dimensione ed alle caratteristiche degli spazi – aperti o chiusi – non vi siano condizioni tali da poter assicurare il distanziamento fra gli individui).

Obbligo del mantenimento della distanza interpersonale minima di almeno un metro.

Divieto di mobilità per le persone positive al test per Sars-Cov2.

Obbligo dell’uso di dispositivi di protezione (mascherine) regolato da  appositi provvedimenti di carattere locale.

Permane la sospensione dei servizi educativi (scuole).


LE ATTIVITA’ DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE

Come già accennato, non esistono disposizioni specifiche destinate a regolare le attività degli Enti non profit.

Le condizioni per lo svolgimento di tali attività, pertanto, vanno desunte dall’applicazione delle disposizioni generali e di quelle specifiche per settori analoghi (come, peraltro, disposto al punto 14 dell’art. 1 del D.L. 33 del 16 maggio), ponendo particolare attenzione ad alcuni principi:

  • l’utilizzo, in tutti i casi possibili, di modalità di interlocuzione “a distanza”, evitando i contatti diretti fra le persone;
  • la garanzia di adeguati livelli di tutela e protezione sia degli operatori (dipendenti o volontari) che degli utenti;
  • il rispetto di norme igieniche adeguate nell’esercizio delle attività (sanificazione etc);
  • l’adozione di una normativa interna in materia di sicurezza e protezione che raggruppi e pubblicizzi le disposizioni per l’esercizio dell’attività dell’associazione;
  • l’informazione su tale normativa da realizzarsi tramite affissione nei locali dell’ente e nelle loro adiacenze.

A scopo puramente esemplificativo, tenteremo – di seguito – di dare alcuni suggerimenti  per individuare i principali temi che tale normativa dovrà considerare:

  • misure di comportamento per il personale (dipendente e volontario)
  • norme igieniche da adottare (particolarmente per spazi comuni, servizi igienici e spogliatoi)
  • le norme per la riduzione ed il controllo del personale presente e degli utenti (limitazione accessi)
  • organizzazione delle aree di lavoro
  • organizzazione dei tempi di lavoro (es. gestione delle pause)
  • gestione degli ingressi di lavoratori, volontari e del pubblico
  • organizzazione delle situazioni di contatto con il pubblico (utenti, famigliari etc)
  • gestione degli spazi comuni
  • pulizia e sanificazione delle aree di lavoro
  • pulizia e sanificazione dei luoghi in cui avviene il contatto con il pubblico
  • disposizione sull’uso dei dispositivi di protezione (mascherine , guanti monouso etc)
  • disposizioni per la consegna / ritiro di materiali
  • disposizioni per l’uso di automezzi
  • disposizioni per la sanificazione di automezzi ed attrezzature
  • disposizione per la gestione di sale-riunioni

Ulteriori temi che dovranno trovare considerazione sono:

  • procedure per l’individuazione di eventuali persone precedentemente contagiate;
  • procedure di pronto soccorso all’interno dell’Ente (in caso di necessità);
  • procedure di sorveglianza sanitaria per i lavoratori o Volontari.

ALCUNI CASI SPECIFICI

1. ASSOCIAZIONI APERTE AL PUBBLICO

Nel caso in cui l’associazione apra al pubblico, in assenza di specifica normativa/protocollo sul volontariato, possono essere usate come spunto le indicazioni contenute nelle linee di indirizzo elaborate dalla Conferenza Stato-Regioni e riportate nella citata ordinanza della Regione Piemonte n° 51 (sostituendo all’espressione “clienti” quella di “utenti”).

Le presenti indicazioni si applicano al settore degli uffici, pubblici e privati, degli studi professionali e dei servizi amministrativi che prevedono accesso del pubblico.

  • Predisporre una adeguata informazione sulle misure di prevenzione.
  • Potrà essere rilevata la temperatura corporea, impedendo l’accesso in caso di temp. >37,5 °C.
  • Promuovere il contatto con i clienti, laddove possibile, tramite modalità di collegamento a distanza e soluzioni innovative tecnologiche.
  • Favorire l’accesso dei clienti solo tramite prenotazione, consentendo la presenza contemporanea di un numero limitato di clienti in base alla capienza del locale (vedi punto successivo).
  • Riorganizzare gli spazi, per quanto possibile in ragione delle condizioni logistiche e strutturali, per assicurare il mantenimento di almeno 1 metro di separazione sia tra le singole postazioni di lavoro, sia tra i clienti (ed eventuali accompagnatori) in attesa. Dove questo non può essere garantito dovrà essere utilizzata la mascherina a protezione delle vie aeree.
  • L’area di lavoro, laddove possibile, può essere delimitata da barriere fisiche adeguate a prevenire il contagio tramite droplet.
  • Nelle aree di attesa, mettere a disposizione soluzioni idro-alcoliche per l’igiene delle mani dei clienti, con la raccomandazione di procedere ad una frequente igiene delle mani soprattutto dopo il contatto con riviste e materiale informativo.
  • L’attività di front office per gli uffici ad alto afflusso di clienti esterni può essere svolta esclusivamente nelle postazioni dedicate e dotate di vetri o pareti di protezione.
  • L’operatore deve procedere ad una frequente igiene delle mani con soluzioni idro-alcoliche (prima e dopo ogni servizio reso al cliente).
  • Per le riunioni (con utenti interni o esterni) vengono prioritariamente favorite le modalità a distanza; in alternativa, dovrà essere garantito il rispetto del mantenimento della distanza interpersonale di almeno 1 metro e, in caso sia prevista una durata prolungata, anche l’uso della mascherina.
  • Assicurare una adeguata pulizia delle superfici di lavoro prima di servire un nuovo cliente e una adeguata disinfezione delle attrezzature.
  • Favorire il ricambio d’aria negli ambienti interni ed escludere totalmente, per gli impianti di condizionamento, la funzione di ricircolo dell’aria.

A completamento di tali linee guida, occorre ricordare che il Protocollo Condiviso del 24 aprile 2020 prevede, tra le prescrizioni:

  • la garanzia di pulizia giornaliera e sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro;
  • per fornitori o altro personale esterno individuare servizi igienici dedicati e prevedere il divieto di utilizzo di quelli del personale dipendente interno, garantendo un’adeguata pulizia giornaliera;
  • è previsto per tutti i lavoratori che condividono spazi comuni l’utilizzo di una mascherina chirurgica EN14683.

 

2. ASSOCIAZIONI CHE CONSEGNANO PACCHI VIVERI

Al momento non esistono specifiche linee guida nazionali o regionali per la consegna di pacchi viveri o per le attività di Volontariato in generale.

Possono essere uno spunto le indicazioni contenute nel Comunicato 971 del 20/3/2020 del Dipartimento della Protezione Civile. In tale documento, per le attività di volontariato nell’ambito del volontariato di Protezione Civile a supporto dei COC (Centri operativi Comunali), la consegna dei pacchi viveri, medicinali, eccetera dovrà avvenire in una modalità che preveda l’assenza di contatto diretto (es. consegna sulla porta dell’abitazione degli assistiti).

In particolar modo nel caso in cui le consegne e la preparazione dei pacchi avvengano presso un punto centralizzato (es. sede dell’associazione), occorre rispettare le indicazioni citate nei DPCM e Decreti Legge principali sopra citati (es. evitare assembramenti) ed è consigliabile garantire la presenza di un protocollo anticontagio per lo svolgimento di dette attività, che regolamenti in modo particolare i potenziali assembramenti, le misure igieniche, le pulizie/sanificazioni, ecc.

 

3. I SERVIZI SOCIALI E LA DISABILITA’

Continuano a poter essere svolte le attività degli enti sia con dipendenti che con volontari, nell’ambito dei servizi sociali per soddisfare esigenze primarie di soggetti fragili e in condizione di bisogno (per esempio anziani, disabili, persone senza fissa dimora), individuate nelle Faq governative e nella Circolare del Ministero del Lavoro n. 1 del 27 marzo 2020. Si rinvia alla lettura di “Servizi sociali e volontariato: il punto dopo gli ultimi interventi normativi”. Si ribadisce anche qui la necessità per gli enti che svolgono tali attività di adottare tutte le misure necessarie a garantire la salute e la sicurezza dei volontari e di tutte le persone coinvolte.

All’art.9 del Dpcm 17 maggio 2020 è confermata la riapertura dei centri diurni rivolti a persone con disabilità, la quale viene però subordinata all’emanazione di piani territoriali adottati dalle Regioni e al rispetto delle disposizioni per la prevenzione del contagio e la tutela della salute di utenti e operatori.

Gli accompagnatori o gli operatori di assistenza (quindi anche Volontari) delle persone con disabilità di cui all’art.9, c.2 del Dpcm citato, possono ridurre la distanza interpersonale al di sotto del metro previsto dalla legge, fermo restando l’utilizzo degli eventuali dispositivi di protezione individuale (ad esempio le mascherine) previsti.

 

4. VOLONTARIATO “RELIGIOSO” E NEI CENTRI ESTIVI

l Dpcm 17 maggio 2020, e in particolare alcuni degli allegati ad esso, menzionano espressamente il Volontariato.

Lo fanno anzitutto i protocolli che lo Stato ha concluso con le diverse confessioni religiose (allegati da 1 a 7 del Dpcm), in cui si prevede che l’accesso al luogo di culto rimane contingentato e può essere regolato da volontari che controllano l’accesso e l’uscita dei fedeli, vigilando sul numero massimo di presenze consentite. Si prevede espressamente che i volontari debbano indossare adeguati dispositivi di protezione individuale, oltre che guanti monouso ed un evidente segno di riconoscimento.

Altro ambito fondamentale in cui viene richiamato espressamente il volontariato è quello che riguarda le attività ricreative per bambini e ragazzi fino ai 17 anni, le cui linee guida sono contenute nell’allegato 8 al Dpcm 17 maggio 2020 e sono state nei giorni scorsi anche pubblicate sul sito del Dipartimento per le politiche della famiglia.

Esse riguardano in particolare le attività organizzate per bambini e ragazzi fra i 3 e i 17 anni all’interno di parchi, giardini o luoghi similari (realizzabili dal 18 maggio 2020 e per tutto il periodo estivo), e le attività realizzate all’interno dei centri estivi sempre per bambini dai 3 ai 17 anni (realizzabili a partire dal 15 giugno 2020 e per tutto il periodo estivo).

Le linee guida stabiliscono che i progetti possono essere realizzati anche da Enti del Terzo Settore, avvalendosi di personale professionale o volontario appositamente formato sui temi della prevenzione e della sicurezza in relazione al Covid-19. Il gestore dell’attività deve elaborare uno specifico progetto che presenti e tenga conto di tutti gli aspetti messi in luce dalle linee guida e che sono volti a ridurre al minimo il rischio di contagio, garantendo adeguate misure di sicurezza e di tutela della salute per le persone coinvolte. Il progetto in questione dovrà comunque essere preventivamente approvato dal Comune nel cui territorio si svolge l’attività, oltre che dalle competenti autorità sanitarie locali. Le linee guida sottolineano quindi la necessità di formare in modo adeguato i volontari sul tema della sicurezza in relazione al Covid-19.

 

5. ATTIVITA’ SPORTIVE

Il Dpcm 17 maggio 2020 ribadisce la sospensione degli eventi e delle competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, in luoghi pubblici o privati.

L’attività sportiva di base e l’attività motoria in generale svolte presso palestre, piscine, centri e circoli sportivi, pubblici e privati, può riprendere dal 25 maggio 2020 nel rispetto delle norme di distanziamento sociale e senza alcun assembramento. Le Regioni e le Province autonome possono comunque posticipare la ripartenza di tali attività. Al fine di riprendere l’attività sportiva, dovranno però essere emanate linee guida a cura dell’Ufficio per lo Sport della Presidenza del Consiglio, per l’attuazione delle quali gli enti sportivi (Federazioni, Enti di promozione sportiva, associazioni e società sportive) adottano appositi protocolli in osservanza della normativa in materia di previdenza e sicurezza  sociale, al fine di tutelare  la salute degli atleti, dei gestori degli impianti e di tutti coloro che, a qualunque titolo, frequentano i siti in cui si svolgono l’attività sportiva e l’attività motoria.

 

6. ASSOCIAZIONI CHE SOMMINISTRANO ALIMENTI / BEVANDE (es. mense)

In assenza di indicazioni specifiche per le iniziative delle organizzazioni di Volontariato, ci si può rifare alle indicazioni delle linee-guida approvate dalla Conferenza Stato-Regioni, riportate nel decreto 51/2020 della Regione Piemonte ed in particolare alla Tabella per le attività di ristorazione.

 

7. ASSOCIAZIONI CHE EFFETTUANO TRASPORTI SOLIDALI

Non essendo applicabili le indicazioni del “protocollo condiviso sulla logistica” si potranno adottare misure  dettate dalla prudenza e dal buon senso (oltre che di interpretazione delle  disposizioni generali) disponendo:

  • massimo 2 persone per automezzo (1 conducente – 1 trasportato);
  • maggior distanziamento possibile (1 posto guida – 1 sedile posteriore sul  lato opposto);
  • uso delle mascherine;
  • ventilazione dell’abitacolo ed esclusione di eventuali sistemi di ricircolo dell’aria;
  • messa a disposizione di gel disinfettanti per mani;
  • sanificazione periodica (e comunque a ogni impiego) dell’automezzo (specie: volante, leve, sedili, maniglie) con soluzione alcoolica.

LE RIUNIONI DEGLI ORGANI SOCIALI E LA MOBILITA’ DELLE PERSONE FRAGILI

Le disposizioni dei D.L.  33/ 2020 (Art. 1c1) e del DPCM del 17/5/2020 consentono lo svolgimento di RIUNIONI in cui vengano rispettate le regole di distanziamento e protezione (mentre viene confermato il divieto di ASSEMBRAMENTO).

E’ quindi ammessa la riunione in presenza degli organi sociali (consiglio direttivo, assemblea) alle precise condizioni di sicurezza previste (qualora non fossero rispettate, la riunione si trasformerebbe in un assembramento), ove non siano presenti diverse e più restrittive disposizioni regionali o locali.

In presenza, tuttavia, di disposizioni che consentono lo svolgimento di riunioni in modalità telematica e che pospongono la scadenza per l’approvazione del bilancio degli enti non profit al 31 ottobre p.v. la modalità della riunione in presenza è da considerare con estrema prudenza e, comunque, da adottare unicamente alle situazioni di estrema urgenza e di impossibilità ad utilizzare altre metodologie.

Lo stesso DPCM del 17/5/2020, in ultimo, raccomanda a tutti gli “anziani” (ultra 65enni) oppure sofferenti di patrologie croniche, immunodepressi o pluripatologici di evitare di uscire dalla propria abitazione se non per motivi di stretta necessità.  Tale raccomandazione, ovviamente, deve trovare adeguato riscontro nell’operatività anche degli Enti del Terzo Settore, sia a riguardo dell’utenza che a riguardo dei Volontari e degli operatori degli stessi .

Leggi tutti gli approfondimenti sulla normativa di Enrico Bussolino

Possiamo riaprire? Sì, ma con le dovute precauzioni: ecco quali

Possiamo “riaprire”? È la domanda che più frequentemente le organizzazioni pongono in questi giorni di tanto desiderata “ripartenza”. Una domanda molto semplice, per la verità, ma che richiede una risposta che, spesso, non lo è altrettanto. Vediamo perché .

La reale fase della “ripartenza”, quella cioè della ripresa delle attività interrotte dalla epidemia da Sars-CoV-2, è ormai caratterizzata dalla esigenza di “convivere con il virus”, di modificare cioè le nostre abitudini di vita per scongiurare, per quanto possibile, la ripresa di contagi da parte di un virus che continua a essere presente e a circolare  nella popolazione.

Questa fase di “convivenza” sarà, probabilmente, non breve, complessa da gestire e non semplice da attuare da parte degli Enti del Terzo Settore che, in molti casi, hanno interrotto o fortemente ridotto le loro attività e che ora desiderano riavviarle.

La normativa afferente a questa “ripartenza” (che solo in pochissimi punti è specificamente dedicata al volontariato e agli altri ETS) si basa, sostanzialmente, su un concetto fondamentale: quello di non inibire le attività esercitabili (tranne alcune eccezioni, riguardanti attività tuttora sospese che talora coinvolgono anche il volontariato, quali le manifestazioni ed eventi pubblici e i servizi educativi per l’infanzia) ma di porre una maggiore attenzione alle modalità con cui tali attività sono esercitate e alle precauzione che vengono adottate nel loro esercizio.

Alla domanda iniziale, quindi, possiamo rispondere senz’altro “sì”  (tranne, come detto, per quelle sporadiche casistiche tuttora “inibite”), ma…

Perché c’è un “ma”, appunto.

Nella ripartenza gli ETS (come tutti i cittadini, le imprese, gli enti) dovranno attenersi a regole di comportamento che realizzino quella citata prudenza verso il rischio della ripresa di contagi.

Ecco perché, accanto a disposizioni limitative che “spariscono” (divieto di libera circolazione, che tanto frenava l’attività dei volontari, obbligo di autocertificazione e altre) altre permangono (divieto di assembramento, mantenimento delle distanze interpersonali, utilizzo di dispositivi di protezione, eccetera) che devono essere tenute ben presenti – e rigorosamente rispettate – nella fase di “ripartenza”.

La già accennata quasi totale carenza di disposizioni specifiche per le “nostre” attività ci induce, quindi, a ricercare all’interno della normativa generale le norme a esse “applicabili” e a procedere a una “riprogettazione” di attività e servizi che, spesso, è resa ancor più complicata dalla rapida evoluzione – e talora dallo scarso allineamento fra livelli – della normativa.

Ci limitiamo qui a riportare 4 provvedimenti “di riferimento” attualmente in vigore, che possono essere di utilità per reperire (direttamente o “per analogia”) le norme di cui tenere conto per impostare la propria “ripartenza”:

  • il Decreto Legge 33 /2020 (in vigore fino al 31 luglio)
  • il  DPCM collegato del 17 maggio 2020 (in vigore fino al 14 giugno)
  • il protocollo anti-contagio in ambienti di lavoro (condiviso fra Governo e Parti Sociali) del 24 aprile
  • il DPGR 58 del 18 maggio, che riprende sostanzialmente  le linee-guida dettate dalla Conferenza Stato-Regioni

Nella sostanza, chiunque voglia “ripartire” o continuare la propria attività deve, quindi, dotare la propria organizzazione di un “regolamento” (i famosi “protocolli” tanto pubblicizzati) che, tenendo conto di numerosi fattori (tipo di attività, tipo di utenza, condizioni logistiche, aspetti ambientali, eccetera) definisca (e testimoni, a scanso di equivoci applicativi e di contestazioni in caso di verifiche) le modalità con cui operare e le precauzioni da adottare.

Elemento da tenere in assoluta considerazione, poi, è l’indicazione delle misure di protezione adottate per Volontari ed eventuali dipendenti (con particolare riguardo a soggetti “fragili”) e delle misure sanitarie (igienizzazione, sanificazione periodica) messe in atto.

Un documento non banale, quindi, sull’esigenza del quale non si può tuttavia prescindere. Ma anche un’incombenza che non deve spaventare. Ognuno sa come può, con buon senso e prudenza “da buon padre di famiglia”, gestire al meglio e con la maggior sicurezza possibile (distanziamenti, igienizzazioni, precauzioni antiassembramento e altro) le proprie attività; si tratta unicamente di metterlo “nero su bianco”, di rispettarlo e farlo rispettare.

Nei prossimi giorni il nostro Centro metterà a disposizione una sorta di “pro-memoria” che ricapitoli le cose da tenere presenti nella definizione (che deve essere necessariamente “personalizzata” da ogni associazione) di tali “protocolli”, a tutela della salute e della sicurezza dei Volontari, degli utenti e degli amministratori stessi.

Leggi tutti gli approfondimenti sulla normativa di Enrico Bussolino

Muoversi… ai tempi del Covid-19

L’attività degli Enti del Terzo Settore, in questa situazione emergenziale, implica spesso lo spostamento di personale (segnatamente di Volontari) per lo svolgimento di azioni di soccorso o di solidarietà.

Tali spostamenti devono essere attentamente e puntualmente riferibili a “situazioni di necessità” per evitare spiacevoli (e costose) conseguenze.

Dalla fine dello scorso febbraio, infatti, sono state adottate dal Governo misure finalizzate al mantenimento del maggiore isolamento possibile delle persone. Essenzialmente è stato previsto:

  • il divieto di spostamento non motivato da esigenze indifferibili (comprovate esigenze lavorative, assoluta urgenza, situazione di necessità, motivi di salute);
  • il divieto di assembramento;
  • il divieto di svolgimento di alcune attività;
  • il divieto assoluto di uscire di casa per chi è sottoposto a quarantena o autoisolamento.

Dal 25 marzo scorso non tutte le violazioni espongono a sanzioni penali, ma solo quelle che comportano un diretto e immediato rischio per la pubblica incolumità. Nel caso di spostamento (ipotesi che può riguardare i movimenti dei Volontari), se questo non fosse stato adeguatamente motivato, fino al 24 marzo si poteva rischiare l’incriminazione per il reato di mancata ottemperanza a provvedimento amministrativo (art. 650 c.p.). Un successivo decreto-legge interviene per ammettere, invece, una sanzione amministrativa fra i 400 e i 3.000 euro, senza procedimento penale. Le forze dell’ordine potranno elevare il verbale di constatazione immediata all’atto del controllo e il pagamento della “multa” sarà immediatamente dovuto e opponibile solo con ricorso al Giudice di Pace (entro 30 giorni) o al Prefetto (entro 60 giorni). Non è, perciò, più prevista l’iscrizione nel casellario giudiziario, e quindi non c’è nessuna conseguenza sulla “fedina penale” del trasgressore.

Molto diverso, invece, è il discorso per chi circola con una autocertificazione non veritiera o che fornisce alle forze dell’ordine giustificazioni fasulle del proprio spostamento. In tal caso si incorre nel delitto di falso in autocertificazione, punito con pena fino a 2 anni di reclusione. Inoltre per chi, positivo al tampone, esce dalla quarantena impostagli è contestabile il reato previsto al 1° comma dell’art. 452 c.p., punibile con reclusione da 1 a 5 anni. Se poi la violazione della quarantena determina il contagio di altre persone, si può essere chiamati a rispondere dei delitti di lesioni o di omicidio, a seconda delle conseguenze, anche nella forma colposa (qualora manchi l’intenzione).

In conclusione, per poter dimostrare la legittimità del loro spostamento, i Volontari dovranno portare con sé:

  • autocertificazione in cui sia barrata l’opzione: situazione di necessità
  • dichiarazione (su carta intestata) del legale rappresentante dell’organizzazione di appartenenza recante:
    – nome e natura dell’associazione
    – settore di attività
    – servizio svolto (per esempio: esecuzione di intervento di assistenza in favore di persone in grave stato di necessità.)
    – nome del volontario
    – territorio di riferimento per lo svolgimento dell’attività

Qualora il movimento dei Volontari preveda il trasporto sullo stesso automezzo di più persone, dovranno, ovviamente, applicarsi le disposizioni di isolamento adottate (distanziamento, uso dispositivi di protezione, eccetera).

Leggi tutti gli approfondimenti sulla normativa di Enrico Bussolino